Lo scorso 8 gennaio un certo Elvis Presley avrebbe compiuto 90 anni. Il re indiscusso del rock’ n’ roll è senza dubbio una delle figure musicali più imponenti e influenti del secolo scorso, un cantante strepitoso il cui ascendente sulla cultura di massa è incalcolabile. Su Presley, probabilmente il cantante americano più importante di sempre, sono state scritte parole su parole, sono stati realizzati film e documentari che ne hanno raccontato la storia, il successo, l’importanza storica. Eppure, non sembra bastare mai, perché il suo mito, alimentato da leggende, aneddoti e curiosità varie, appare talmente immenso da risultare infinito, complesso da affrontare e approfondire anche per il miglior biografo in circolazione.
Nel 2022 usciva nelle sale il film Elvis, di Baz Luhrmann, un roboante e melodrammatico ritratto cinematografico che si portava dietro pregi e soprattutto difetti tipici della visione del suo regista. Eppure, forse il film ha avuto il merito di riaccendere ulteriormente l’interesse attorno allo straordinario artista che è stato Elvis Presley, anche se la sua scintilla non si è mai spenta e probabilmente non si affievolirà mai.
Nel 2024, infatti, è uscito su Netflix un documentario che, seppur imperfetto, ha avuto il merito di agganciare la propria narrazione a un evento specifico, e fondamentale, della vita di Elvis, ovvero quel glorioso ritorno alla musica nel 1968. Oggi vi consigliamo Return of the King: The Fall and Rise of Elvis Presley, di Jason Hehir.
Return of the King, di Jason Hehir
Dopo sette lunghi anni lontano dalla scena musicale, Elvis nel 1968 iniziava le riprese di uno show che sarebbe diventato uno dei più grandi spettacoli musicali della storia, ovvero il grandioso Comeback Special. Reduce da un periodo complicato che lo ha visto recitare in diversi film, Elvis tornava sul palco in perfetta forma fisica, presentandosi al pubblico con un abito di pelle nera che ha rimodellato la definizione di iconico. Circondato da un pubblico selezionato, il cantante, in piedi su un palco simile a quello di un ring, ha proposto alcuni dei suoi pezzi più importanti, quelli che ne hanno plasmato la grandezza artistica, consegnata alla storia come un fenomeno musicale e culturale senza precedenti.
Partendo proprio da qui, da questo evento significativo, il documentario di Jason Hehir cerca di unire quanti più pezzi possibili all’interno di un puzzle complesso e sfaccettato, quello della vita e della carriera del cantante. L’obiettivo, per nulla semplice, è quello di esplorare le origini del mito, dal debutto al successo, dai momenti più critici a quelli più esaltanti, ricostruendo il ritratto di un’artista la cui paura di essere abbandonato e infine dimenticato ne ha segnato profondamente l’esistenza.
Pur rivelando alcuni aspetti relativi alla personalità e quindi all’emotività di Elvis, quelli nascosti sotto la superficie del personaggio pubblico, il documentario decide di “accomodarsi” sull’accezione più marcatamente celebrativa del suo protagonista. Non sarà il miglior documentario di sempre, questo è ovvio, ma ha comunque il merito di aver elaborato una narrazione piuttosto efficace (e credibile) sulla portata storica e sul lascito di una figura così grandiosa come quella di Elvis Presley.