
La locandina, il consiglio cinematografico di oggi: Saw - L'enigmista, di James Wan - Blitz Quotidiano
Quella di Saw è una saga thriller-horror che non ha bisogno di presentazioni, amatissima dai fan e conosciuta anche da chi non mastica questo genere di produzioni. I film che la compongono, ben dieci, hanno raggiunto livelli di popolarità davvero straordinari, nonostante il palese assottigliarsi della qualità proposta. Allo stesso modo anche la narrazione, afflitta soprattutto da un numero esagerato di film e dall’idea degli sceneggiatori di non volersi discostare troppo dal canovaccio tipico della saga, è scivolata lentamente nella rimasticatura un po’ pigra e sempre più banale degli eventi proposti. Trappole ovunque, giochi diabolici ingegnosi ma risvolti sempre più prevedibili. Nonostante questo, i fan affezionati alla saga, lo dicono i numeri di un successo perpetuo, continuano a volerne sempre di più, accettando di buon grado difetti e imperfezioni sparse.
Dopo Spiral, un infelice e inutile spinf-off, la saga si è arricchita con un decimo capitolo sorprendentemente interessante, valido anche grazie all’ottima interpretazione di Tobin Bell nel ruolo di John Kramer/Jigsaw. Poco dopo l’uscita di Saw X, ben accolto da critica e pubblico, è stato annunciato l’undicesimo capitolo di una saga che non sembra avere alcuna data di scadenza. Da poco più di un anno, però, la produzione del film è irrimediabilmente bloccata, a causa di alcune divergenze tra i produttori.
Stando a un recente report diffuso da Bloody Disgusting, pare che il progetto sia definitivamente tramontato. È la fine di Saw? Forse no. La notizia che circola è quella di un proseguimento del franchise ma in una direzione completamente differente, ovvero quella di un reboot completo, qualora la produzione della saga in vendita passi nelle mani di qualcun’altro. Staremo a vedere. Oggi vi consigliamo il primo capitolo del fortunatissimo franchise, senza dubbio il migliore e il più originale: Saw – L’enigmista, di James Wan.
Saw – L’enigmista, di James Wan
Il fotografo Adam Stanheight (Leigh Whannell) si risveglia incatenato a una vasca all’interno di un bagno sudicio e abbandonato. Poco distante da lui, riprende conoscenza anche il medico Lawrence Gordon (Cary Elwes), allo stesso modo imprigionato e legato a un tubo. In mezzo alla stanza i due si accorgono immediatamente della presenza di un cadavere, quello di un uomo sul pavimento circondato da una pozza di sangue. In una mano l’uomo stringe ancora una pistola e nell’altra un registratore. Una volta raggiunto il cadavere, e avviata la registrazione audio, i due scoprono le regole di un gioco diabolico, quello orchestrato da Jigsaw, al quale dovranno partecipare se vorranno uscire vivi dalla stanza. In un crescendo di tensione e terrore, i due vengono messi di fronte alla dura realtà : per salvare moglie e figlia sequestrate, Gordon dovrà uccidere il fotografo di fronte a lui.
Jigsaw, un serial killer spirituale
Nel 2001 il regista James Wan e l’attore/sceneggiatore Leigh Whannell realizzarono un cortometraggio in cui si vedeva una ragazza con la testa imprigionata in una trappola per orsi. Il progettino piacque talmente tanto che ai due venne affidato qualcosa di decisamente più complesso e costoso. Whannell scrisse la sceneggiatura e partecipò anche in qualità di attore, mentre James Wan diresse (in soli 18 giorni) quello che oggi viene considerato uno dei film più iconici degli anni Duemila, perfino un classico, ovvero Saw – L’enigmista, il primo capitolo di un franchise infinito.
Senza dubbio quella di Saw è la saga horror più popolare degli ultimi vent’anni, entrata di diritto nell’immaginario collettivo contemporaneo. Ma perché tanto successo? Il franchise propone un serial killer, e un pupazzo di argentiana memoria, tra i più originali di sempre, quel Jigsaw che non uccide direttamente le proprie vittime ma che orchestra per loro un gioco attraverso il quale queste vengono messe nelle condizioni di combattere faticosamente per la propria libertà , tra atroci sofferenze fisiche e psicologiche. Una volta sopravvissute, guidate spiritualmente da Jigsaw, la vittima può tornare ad apprezzare in pieno il dono della vita. Uno spunto senza dubbio interessante, ma che non chiarisce del tutto le cause di un successo cinematografico di questa portata.
Revival e imperfezioni di genere
Per spiegare meglio il successo ottenuto da Saw, bisogna fare un passo indietro e arrivare dunque alle ispirazioni che hanno dato vita al film e generato capitoli su capitoli. Saw è uscito in un periodo in cui si assisteva a un vero e proprio revival di genere, quello splatter, confluito agli inizi degli anni Duemila nell’esplosione del cosiddetto torture porn. Si tratta di un sottogenere profondamente influenzato dalla tradizione di un cinema legato alla rappresentazione esplicita della nudità , del sadismo e della tortura.
Saw e Hostel sono i maggiori esponenti di questo rilancio di genere, che nasce dalle produzioni a basso costo e successivamente approda sul mercato come un fenomeno capace di attrarre un pubblico sempre più vasto, sedotto dalle logiche di un cinema estremo ma alla portata, rapito dalla violenza mostrata e allo stesso modo a disagio e disgustato da ciò che vede. In definitiva, un gioco in cui risulta davvero difficile non continuare a guardare.
Nello specifico, il primo capitolo di Saw funziona proprio grazie all’ingegnosità situazionale proposta, un gioco perverso e sadico che coinvolge i protagonisti ma allo stesso modo rende partecipe anche il pubblico. Lo spettatore, infatti, è messo nelle condizioni di assistere allo sviluppo del gioco dall’interno, ritrovandosi nella posizione privilegiata dello stesso Jigsaw. Purtroppo, abbattendo i muri di un’atmosfera che poteva benissimo rimanere confinata nella claustrofobia delle quattro mura, il film ci catapulta spesso all’esterno attraverso un utilizzo smodato, e un filo invasivo, dei flashback e del montaggio parallelo, elementi che in parte allentano la tensione nel tentativo di aggiungere tasselli complessi in un meccanismo che si fa sempre più studiato e artificioso. Una caratteristica che sarà il marchio di fabbrica dell’intera saga.