La locandina, il consiglio cinematografico di oggi: The Grey, di Joe Carnahan - Blitz Quotidiano
La scorsa settimana, in Italia, un allevatore è stato condannato a sette mesi di reclusione, con l’accusa di uccisione di animale e furto venatorio per aver ucciso un lupo. Il reato, ingiustificabile e deprecabile in ogni aspetto, risale al 2017, quando l’uomo aveva ucciso il lupo, lo aveva scuoiato e infine appeso a un cartello stradale in zona Monterotondo Marittimo, nella provincia di Grosseto. In segno di sfida contro gli animalisti, aveva inoltre lasciato un cartello con scritto: “No agli abbattimenti, si alla prevenzione”.
Il lupo, nella sua iconografia cinematografica, ha assunto tante forme e altrettante astrazioni simboliche, quasi tutte dominate da un concetto di pericolosità ma anche di profondo rispetto, alimentando un immaginario ben preciso che rimanda spesso a quello del branco. Caratteristiche di questo tipo si trovano, per esempio, nella rappresentazione concettuale dei meta-lupo nella serie Il Trono di Spade, nel rapporto uomo-natura al centro del film d’animazione Principessa Mononoke, oppure nel capolavoro letterario Zanna bianca, di Jack London, adattato per il cinema in più occasioni. Oggi, però, vi consigliamo un film, un thriller ad alta tensione in cui un gruppo di sopravvissuti a un disastro aereo si ritrova a dover fare i conti con un branco di lupi, il cui territorio è stato irreparabilmente invaso. Parliamo di The Grey, di Joe Carnahan.
John Ottway (Liam Neeson), un tiratore scelto, lavora presso una piattaforma petrolifera in Alaska per difendere gli operai dai lupi presenti nella zona. Tornando a casa in aereo, Ottway e gli operai vengono sorpresi da una tormenta. Il velivolo si schianta in una distesa di neve e ghiaccio nell’estremo nord dell’Alaska. Allo schianto sopravvivono solo pochi membri della squadra e lo stesso Ottway, il primo a intuire che nessuna squadra di soccorso riuscirà mai a trovarli. Nel corso della prima notte, uno degli operai viene ucciso da un lupo e la mattina seguente il gruppo si accorge di aver invaso un territorio occupato dal branco. Inizia così una lunga lotta per la sopravvivenza per tutti i membri del gruppo guidato da Ottway, ritrovandosi a dover combattere contro il freddo e la presenza costante dei lupi.
Joe Carnahan, dopo l’action metropolitano delle sue precedenti produzioni (Smokin’ Aces, A-Team), con The Grey colloca l’essere umano in una delle zone più remote del mondo, affrontando il tema dell’eterno scontro tra uomo e natura. Il regista, basandosi sul racconto Ghost Walker di Ian Mackenzie Jeffers, sfrutta tutti gli elementi del thriller psicologico, quelli cinematograficamente classici che rimandano a un approfondimento diretto delle paure più antiche dell’essere umano, tutte naturalmente legate a quella della morte. Il tutto viene calcolato al millimetro e dosato con abilità nel servirsi delle caratteristiche proprie di un film d’azione, filtrate attraverso quelle più tradizionali del cinema di sopravvivenza. In questo contesto, l’uomo si ritrova costretto a inginocchiarsi (letteralmente) di fronte alle proprie paure, a guardarle negli occhi recuperando quelli che sono i suoi istinti primordiali.
Il film, lontano dalla perfezione, riesce comunque ad esaltare un certo tipo di atmosfera, connessa con mestiere a un senso crescente della tensione, del ritmo e, malgrado gli sconfinati spazi, a un’angosciante claustrofobia. Nonostante una ricercatezza psicologica per certi versi limitata dalla struttura action, il film si avvale di un’immediatezza che risulta in fin dei conti ben equilibrata, spinta da un comparto tecnico, guidato dalla fotografia di Masanobu Takayanagi, capace di restituire tanto le suggestioni affascinanti del luogo quanto la sua natura più minacciosa e temibile.