Il nuovo Codice della Strada è ancora uno degli argomenti di spicco dell’attualità su tutti i quotidiani italiani. Se ne parla tanto, se ne discute e ci si preoccupa riguardo alle sanzioni più severe e alle diverse limitazioni previste. L’alcol, nello specifico, è l’aspetto che più mette in guardia gli automobilisti, alimentando una certa dose di inquietudine che ha portato molta gente a doversi confrontare con il quantitativo massimo previsto dalla legge e con la consapevolezza di poter rinunciare alla guida. Tutto questo proprio durante le festività natalizie appena trascorse, un periodo non esattamente ideale per gestire il proprio tasso alcolemico e nel quale si preferisce bere un bicchiere in più.
Sull’alcol, e sulle sue derivazioni, sono stati scritti moltissimi romanzi e sono stati realizzati altrettanti film. È senza dubbio un tema delicato, sondato a lungo per esplorarne i molteplici aspetti della dipendenza e del relativo comportamento umano. Nel 2020 usciva un film che, attraverso una spiccata visione provocatoria, proponeva da una parte la piena celebrazione della vita e dall’altra le ripercussioni, talvolta fatali, dell’abuso di alcol. Oggi, infatti, vi consigliamo Un altro giro, di Thomas Vinterberg.
Martin (Mads Mikkelsen) e alcuni dei suoi più cari amici, tutti insegnanti, vivono in uno stato di noia e demotivazione quasi perenne. A questa vita pare sia impossibile sfuggire ma nel corso di una cena nasce nel gruppo l’idea di volersi sottoporre a un particolare esperimento. Partendo dalla teoria secondo la quale ogni essere umano nasce con una minima quantità di alcol in corpo, gli insegnanti decidono di bere quel tanto che basta per raggiungere uno stato di leggera ebbrezza durante l’orario di lavoro.
I primi giorni di esperimento sembrano portare agli effetti sperati, consentendo al gruppo di insegnanti di vivere una quotidianità decisamente più accettabile e spensierata, imbevuta dei piaceri dell’alcol. Desiderosi di trasformare il loro esperimento in un vero e proprio progetto accademico, i membri del gruppo decidono di alzare la posta in gioco, quindi la quantità di alcol. Le conseguenze, però, saranno ben lontane dai loro propositi.
Il film di Thomas Vinterberg (Festen, Riunione di famiglia, Il sospetto) potrebbe apparire in superficie come un inno all’ubriachezza, una sorta di banale apologia. Eppure, Un altro giro modella attorno ai suoi protagonisti la materia alcolica per raccontare qualcosa di più profondo. Scava infatti nella dimensione esistenzialista di chi vive insoddisfatto la propria vita, incapace di ribaltarla perché spaventato dall’idea della libertà. L’alcol, in questo senso, diventa il lubrificante sociale che permette ai personaggi di affacciarsi alla vita in maniera totalmente diversa.
Incapaci di stabilire un limite, i protagonisti si ritrovano a dover combattere contro i demoni esteriori di un’angoscia crescente e intensa, e quelli interiori della loro disperazione (non a caso il regista apre il suo film con una citazione di Søren Kierkegaard). Ma alla fine dei giochi, là dove la cognizione si apre a una più ampia e significativa visione delle cose, si assaggia (e si beve) il senso più autentico della vita, una speranza accolta e abbracciata sinceramente con un ballo liberatorio.