Smaltita la sbornia di Nosferatu, il suo film più di successo, il regista Robert Eggers ha annunciato i suoi prossimi ambiziosi progetti. Eggers, infatti, pare volersi addentrare ancora di più nell’affasciante mondo popolato da quelle creature cinematografiche che hanno definito l’immaginario collettivo. La notizia, infatti, è quella che riguarda il suo prossimo film, Werwulf, con il quale Eggers esplorerà una tra le figure più care al mondo del cinema, ovvero quella del lupo mannaro. Per questo progetto, il regista sarà accompagnato in fase di scrittura dal poeta islandese Sjón, con il quale aveva già collaborato per la sceneggiatura di The Northman. La data d’uscita è fissata per la fine del 2026.
Ma non è finita qui. È stato annunciato che il regista di The Witch e di Nosferatu scriverà e dirigerà anche un altro film, ovvero il sequel di Labyrinth – Dove tutto è possibile, il cult di Jim Henson uscito nel 1986 con protagonista David Bowie. Se da una parte il progetto su un film di lupi mannari potrebbe incastrarsi perfettamente in quella che è la poetica cinematografica di Eggers, dall’altra quello sul sequel di Labyrinth potrebbe nascondere non poche insidie, dettate sia dall’immaginario di culto (intoccabile?) innalzato attorno al film che dalla complessità intrinseca del progetto stesso. I tentativi di realizzare un sequel di Labyrinth, infatti, sono in corso almeno dal 2017, con il regista Scott Derrickson (Sinister, Doctor Stange) incaricato di dirigere una precedente sceneggiatura di Maggie Levin. Di film sui lupi mannari ne sono usciti diversi nel corso della storia: da L’uomo lupo (1941) a L’ululato (1981), da Voglia di vincere (1985) a Wolf – La belva è fuori (1994). Oggi, però, vogliamo consigliarvene uno, forse il migliore, che è riuscito a mescolare diverse suggestioni e altrettanti generi, un vero e proprio cult: Un lupo mannaro americano a Londra, di John Landis.
Un lupo mannaro americano a Londra, di John Landis
Jack e David, due turisti americani in vacanza in Inghilterra, vengono attaccati da un licantropo in una notte di luna piena nella campagna inglese. Jack muore, mentre David viene portato d’urgenza in ospedale. Nei giorni successivi riesce a guarire dalle ferite, ma nella prima notte di luna piena si trasforma in un lupo mannaro che inizia a seminare il panico tra le strade di Londra.
Il regista John Landis, dopo il successo di Animal House e quello di The Blues Brothers (due cult assoluti), realizza un film con il quale è riuscito a mescolare sapientemente horror e commedia. Poggiandosi sulle suggestioni della tradizione gotica, che Landis esalta combinandole agli elementi della new wave del cinema horror, il film rimanda ai classici di genere con veri e propri riferimenti al ciclo dei mostri della Universal e naturalmente, più nello specifico, a quelli de L’uomo lupo.
Al di là di alcune interpretazioni, che tentano di indagare aspetti psicologici della pellicola, molta della bellezza del film è da ritracciare nella sua anima più marcatamente fisica, una caratteristica esaltata dalla memorabile trasformazione del protagonista in lupo mannaro. Questa scena, lontana concettualmente da quella corrispondente del film L’ululato di Joe Dante, amplifica un certo senso di isolamento del protagonista. Questo aspetto si manifesta nella scelta (anomala) di un’esposizione della scena in piena luce e nella concezione (anomala anche questa) di farne un vero e proprio anticlimax. Qualcuno potrebbe forse storcere il naso, ma alla fine dei giochi questa scena, e in generale tutto il film, mantiene ancora oggi un fascino meraviglioso e a modo suo inquietante.