A ogni elezione vinta o persa da Trump, ormai un genere storico-letterario che vive di luce propria, inesorabile come una tassa riciccia l’aneddoto dell’incontro di Lory Del Santo con un Donald ancora solo tycoon senza fregole presidenziali. Souvenir appannati ma riciclabili all’infinito nel nostro villaggio mediatico assopito. E dunque un po’ di gossip hi-society: New York, grattacieli, sliding-doors, soldi, tanti soldi.
Il succo dovrebbe essere: Trump ci ha provato con me in ascensore, ero quasi tentata, non è successo niente e comunque è un gentiluomo altro che predatore con le donne (“Grab ‘em by the pussy” non l’ha mai detto?). Ogni volta però un condimento diverso. L’ultimo: “Potevo essere io la first lady al posto di Melania”. Ogni volta però una versione diversa.
Vediamo il racconto di Lory Del Santo: “Stavo salendo ma quando lo vidi rimasi così spiazzata che mi dimenticai che sarei dovuta andare al trentatreesimo piano, dove viveva il mio amico. Rimasi quasi bloccata e non feci nulla. Lui spinse quello per andare all’ultimo piano, nel suo appartamento. Vedendo che non me ne andavo, prima di scendere, mi disse ‘mi stai seguendo?’ Io gli risposi di no”. E lui? “Mi disse ‘visto che è qui vuole entrare per vedere la vista?’ Io però non entrai e ci limitammo a parlare del più o meno. Dopo di che, me ne andai”.
Quattro anni prima Lory Del Santo aveva detto che nella suite ci era entrata. In ogni caso poi ci è andata a cena, ma nulla di più, a ripensarci oggi forse un bel rimpianto (“Caro Trump, non dovevo respingerti”, a caratteri cubitali su Gente). Molto istruttiva però è la premessa alla duecentesima rievocazione (“Aridanghete”, titolava giustamente Dagospia).
“All’epoca mi affascinava molto l’idea di conoscere un uomo molto ricco”. Solo all’epoca? La lista di miliardari e celebrities con i quali può vantare relazioni o semplici flirt è quasi imbarazzante. Eric Clapton, George Harrison, Agnelli, Al Fayed, Khasshoggi, tennisti, politici, vip…
Una lista che dovrebbe confortarla nell’autostima e immunizzarla dai timori che sempre attanagliano le bellezze irresistibili. L’aneddoto “io nell’ascensore con Trump che mi voleva ma io non mi sono concessa” vale l’autocertificazione della virtù esaltata dal rammarico e di un fascino personale senza tempo e senza ostacoli. Parole in libertà, e dire che la sua luminosa carriera era cominciata sdraiata per terra mezza nuda in qualità di valletta muta di Arbore.
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