Pulp Fiction, il capolavoro cult di Quentin Tarantino, torna al cinema in versione restaurata per celebrare il 30° anniversario dalla sua uscita in sala. Nel 1994 usciva un film che non solo lanciava la figura di un nuovo e geniale cineasta, quella di Quentin Tarantino, ma che avrebbe anche conquistato un posto d’onore nella storia del cinema.
Parliamo ovviamente di Pulp Fiction, le cui scene cult hanno segnato un’intera generazione, prodotto un’infinità di copie sbiadite dell’originale e conquistato il cuore, e gli occhi, di milioni di spettatori. Ancora oggi, a distanza di trent’anni, il film non sembra voler invecchiare, ma continua invece ad essere un pilastro della cinematografia anni Novanta, imprescindibile per ogni neofita del settore. Pulp Fiction torna al cinema, disponibile in sala il 18, 19 e 20 novembre.
Uno stile rivoluzionario, farcito di pura cinefilia
Ultracitato, scopiazzato, analizzato e infine, cosa più importante, amato alla follia, Pulp Fiction è un mix di tante cose, di tante caratteristiche, talvolta diverse e per chiunque altro impossibili da fondere insieme, che trovano una perfetta e alchemica congiunzione in quello che è lo stile di Tarantino. Uno stile che, animato da una sconfinata passione cinefila, si contamina della bellezza e delle suggestioni del cinema del passato: dal western di Sergio Leone ai film di genere italiani, dal fascino della Nouvelle Vague a quello degli ambienti exploitation.
Si fa riferimento a uno stile davvero unico e originale, perfino rivoluzionario, che riesce ad esaltarsi, e ad esaltare, proprio quando più elementi corrono artisticamente nella stessa direzione.
Azione, humour, dialoghi iconici e violenza. Sì, quel tratto distintivo dello stile tarantiniano ottusamente criticato da qualcuno, per il quale il regista ha dovuto anche palesarne i confini cinematografici, ancorati a un’opera di fantasia e dunque giustamente distanti dalla realtà di chi valuta i suoi film troppo violenti o perfino dannosi.
Si tratta invece di una caratteristica che, nonostante le critiche arbitrarie, si incastra come le altre in un unicum artistico ben definito, talvolta elegantemente raffigurato e votato a un’estetica visionaria scrupolosamente messa in scena. Che piaccia o meno.
Su questo film si potrebbe scrivere all’infinito, e in effetti si continua a scrivere e ad analizzare oltre il più piccolo dettaglio, come si fa giustamente per quei capolavori che hanno segnato la storia del cinema.
In occasione di questo evento speciale, l’uscita in sala di Pulp Fiction per il 30° anniversario, proponiamo di seguito alcune interessanti curiosità sul capolavoro di Quentin Tarantino, selezionate all’interno di quello che è l’immaginario tarantiniano, stracolmo di teorie, spunti e curiosità di ogni tipo.
Pulp Fiction, dal ballo al successo
Senza dubbio una delle scene più iconiche e cult del film di Tarantino, è quella del ballo con protagonisti Mia Wallace (Uma Thurman) e Vincent Vega (John Travolta). I due salgono sulla pista da ballo partecipando alla competizione del Jack Rabbit Slim. Eppure, la scena ha rischiato di saltare. “Non ti aspetterai che io mi metta a ballare con John Travolta?!”, ha dichiarato la Thurman sul set rivolgendosi a Tarantino.
L’attrice era evidentemente a disagio e terrorizzata all’idea di danzare con un’icona del ballo come Travolta. Alla fine, il regista per fortuna l’ha convinta a fare la scena, regalandoci uno dei momenti più iconici della storia del cinema. Questa scena, che richiama con forza il film Bande à part di Jean-Luc Godard, è stata quasi interamente improvvisata da Travolta, che ha dato sfoggio della sua fantastica tecnica nel twist.
Sulla portata artistica del film si è discusso moltissimo nel corso degli anni. Questa si lega anche a quella degli incassi, quindi al successo che il film ha ottenuto al botteghino. Costato circa 8 milioni di dollari, dei quali 5 destinati al cast artistico, Pulp Fiction ne ha incassati oltre 100, 9 solo nel primo fine settimana di proiezione.
I Vega Brothers e una regia “al contrario”
Per il ruolo di Vincent Vega, ricoperto poi da John Travolta, Tarantino aveva in mente Michael Madsen. Il regista e sceneggiatore aveva scritto quel ruolo pensandolo proprio per Madsen, con il quale aveva lavorato due anni prima nel film Le Iene. La sua presenza in Pulp Fiction, nella mente di Tarantino, era scontata e fuori di dubbio, ma l’attore stava lavorando a un altro film in quel periodo e ha dovuto declinare l’offerta del regista. Tarantino ha dovuto così “ripiegare” su un altro profilo, quello di John Travolta. Alla fine, si è rivelata una scelta più che azzeccata.
Il destino dei due attori Michael Madsen e John Travolta, però, è legato a un altro aneddoto. Il personaggio che Madsen interpreta ne Le Iene, Mr. Blonde, si chiama in realtà Vic Vega ed è il fratello di Vincent Vega presente in Pulp Fiction. Nella mente creativa e sempre in moto del regista, esisteva l’idea di realizzare uno spin-off dedicato ai due fratelli Vega, intitolato “Vega Brothers“. Il film avrebbe raccontato la loro storia prima degli eventi de Le Iene e di Pulp Fiction. Un progetto che purtroppo è andato in fumo ancora prima di iniziare.
Altra scena, altro passo nei meandri del cult. Quella dell’overdose di Mia Wallace, per esempio, è stata girata al contrario. Sul set, infatti, Travolta non colpisce al petto la Thurman con la siringa di adrenalina, ma estrae l’ago con forza simulandone il colpo al contrario. La scena poi è stata invertita in un secondo momento.
L’idea del film e il contenuto della valigetta
Tarantino aveva guadagnato circa 50mila dollari con il suo film di debutto, Le Iene. Con quei soldi il regista si recò ad Amsterdam per tre mesi di vacanza. Fu proprio in quel periodo che nacque l’ispirazione per Pulp Fiction. Tarantino iniziò così a scrivere la sceneggiatura.
Ma l’idea del film, o almeno alcune suggestioni iniziali, nascono molto prima. Già alla fine degli anni Ottanta, infatti, quando lavorava in una videoteca di Los Angeles, Tarantino e il collega Roger Avary parlavano continuamente di film, pensando anche di mettere su carta le idee che nascevano dai loro discorsi: “Non era poi così complicato. In fondo si trattava soltanto di scrivere quello che già ci dicevamo”, ha raccontato Avary.
In una delle innumerevoli scene cult del film, Vincent Vega apre la valigetta di Marsellus Wallace e viene illuminato da una particolare luce. Cosa conteneva quella valigetta? Negli anni si sono susseguite molte teorie circa il suo contenuto. C’è chi sostiene che dentro ci fosse l’anima di Marsellus, altri il fantasma di Elvis Presley e il suo vestito dorato. Lo sceneggiatore Roger Avery ha rivelato che inizialmente all’interno della valigetta ci dovessero essere i diamanti del colpo del film Le Iene. Nonostante fosse un’idea davvero azzeccata, i due alla fine ritennero che fosse poco originale. Durante un’intervista, discutendo del contenuto di quella valigetta, Tarantino ha affermato: “È qualunque cosa lo spettatore voglia che sia”. Una risposta tanto appropriata quanto furba.
La scelta del cast e un regista alternativo
È impossibile dimenticare il momento del film in cui appare lo stesso Tarantino nei panni di Jimmie Dimmick. La sequenza, infatti, si lega a uno dei momenti più iconici della pellicola, ovvero l’entrata in scena di Mr. Wolf (Harvey Keitel). Ma chi c’era dietro la macchina da presa durante quella sequenza? A sostituire Tarantino ci pensò l’amico e collega Robert Rodriguez (The Faculty, Machete, Sin City).
La maniacalità artistica di Tarantino è cosa nota, dalla scelta delle musiche alla narrazione, passando per una grande e ossessiva attenzione ai dettagli di regia. E la scelta del cast? Tarantino è maniacale anche in quella. Spesso il regista scrive i suoi personaggi immaginandoli già con i volti degli attori che desidera ingaggiare. Il caso di Michael Madsen in Pulp Fiction, come abbiamo visto, deve averlo fatto innervosire, e neanche poco.
In Pulp Fiction ci sono alcuni attori che Tarantino aveva già in mente durante la fase di sceneggiatura. Mr. Wolf, per esempio, nella sua testa aveva il volto di Harvey Keitel. Stesso discorso per i rapinatori Zucchino e Coniglietta, che Tarantino aveva già pensato con i volti di Tim Roth e Amanda Plummer.
Anche quello di Jules Winnfield è stato accuratamente scritto attorno alla figura di Samuel L. Jackson. L’attore, entusiasta del ruolo, fece il provino più di una volta, per provare a convincere il regista. Per la parte del pugile Butch Coolidge si pensò inizialmente a Sylvester Stallone. Alla fine, il ruolo venne ricoperto egregiamente da Bruce Willis. Per la parte iconica di Mia Wallace, invece, Tarantino voleva a tutti i costi Uma Thurman, che accettò solo diversi mesi dopo la proposta. Se l’attrice avesse rifiutato, la parte sarebbe andata a Jennifer Aniston.