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Baby prostitute Ladispoli: 20 indagati, prostituzione minorile, come Berlusconi

di Marco Benedetto |11 Maggio 2014 12:04

La stazione dei treni di Ladispoli era il campo di azione idelle baby prostitute. Venti ora sono gli indagati

ROMA – Prostitute minorenni di Ladispoli: l’inchiesta dei Carabinieri si allarga alla lista dei clienti abituali delle tre ragazze, fra i 15 e il 16 anni, che si prostituivano in auto nel parcheggio della stazione dei treni di Ladispoli, località turistica sul litorale nord di Roma.

Secondo Emanuele Rossi, che ha rivelato il caso sul Messaggero,

“sarebbero una ventina  i nomi al vaglio degli inquirenti e della Procura della Repubblica di Roma”.

Nell’elenco figurerebbero

“almeno quattro o cinque persone adulte che con una certa ricorrenza fissavano incontri”

con le baby prostitute, cui vanno aggiunti giovani tra i 18 e i 28 anni

“che entravano in contatto con le tre amiche con il passaparola o più facilmente attraverso i social network”.

“Tutti gli uomini inseriti in questo elenco ora risultano indagati dalla Procura e potrebbero essere interrogati tra una decina di giorni”.

Il caso giudiziario fa il paio con lo scandalo Ruby che ha portato alla condanna per prostituzione minorile di Silvio Berlusconi. Gli indagati,

“dovranno spiegare ai magistrati perché si incontravano con le minorenni che si vendevano in cambio di droga, ricariche per cellulari e anche pochi euro per poter entrare in discoteca”.

Le tre prostitute minorenni hanno spiegato alle assistenti sociali che per prime hanno rivelato la vicenda che si prostituivano

“perché non avevamo una paghetta”; “perché non potevamo permetterci il cellulare»”.

Molto più modeste appaiono quindi le ambizioni delle giovanissime prostitute di Ladispoli rispetto al caso delle baby squillo dei Parioli di Roma, che ambivano a borse griffate e vestiti costosi.

Gli incontri non avvenivano in lussuosi alberghi o appartamenti ma

“in strada, in auto, fuori da un locale o persino nel piazzale della stazione ferroviaria di Ladispoli. Come contattarle? Su Facebook, scrivendo anche messaggi direttamente nei profili creati con nomi d’arte, di fantasia forse per non destare sospetti”.

 

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