Bad Sex in Fiction: premio per la peggior scena di sesso letteraria

Bad Sex in Fiction: premio per la peggior scena di sesso letteraria
La città del diavolo, che ha vinto il Bad Sex in Fiction

BOMBAY – La peggior scena di sesso letteraria. Non si tratta certo di uno di quei premi che uno scrittore sogna di ricevere. Ma comunque sempre meglio un quarto d’ora di fama che anni di oblio. In ogni caso, Manil Suri, scrittore indo-americano di cui i due precedenti romanzi sono stati tradotti in italiano (L’età di Shiva e la Morte di Vishnù) ha ricevuto il 3 dicembre il Bad Sex in Fiction – una sorta di trofeo all’oscenità letteraria – per il suo terzo ed ultimo romanzo, di cui ormai non possiamo far altro che sollecitare la traduzione italiana.

Il premio, attribuito dalla Literary Review, distingue colui o colei che durante l’anno ha utilizzato la sua piuma per dare vita alla meno decente scena di sesso. La città del Diavolo, l’opera di Manil Suri, ha intascato il poco ambito trofeo. Il romanzo si svolge a Bombay, durante una terribile minaccia nucleare. Tre personaggi principali sono al centro della tela: Sarita, suo marito Karun e un ragazzo omosessuale musulmano. I giudici sono stati «conquistati», secondo il quotidiano britannico Telegraph, dalla climax erotica rappresentata da una lunga scena di sesso che implica i tre personaggi tutti insieme.

Ecco un estratto del romanzo: «La cabina della spiaggia scompare, e con lei il mare e la sabbia. Solo il corpo di Karun, rinchiuso insieme a me, rimane. Corriamo nudi come dei supereroi verso le stelle e i sistemi solari, sprofondiamo a traverso gruppi di particelle elementari e nuclei atomici». Niente-di-meno-che.

In questo settore, come ben si sa, la concorrenza è  accanita. Uno dei favoriti al premio per la sconcezza artistica del 2013 era il francese Eric Reinhard con il suo Sistema Vittoria. Anche qui si leggono pagine di turgida poesia, come questa: «Guarda, diceva, guarda i miei seni. Voglio che tu li veda. Spero che tu li ami. Sono per te. Te li offro. E il suo petto comparì davanti ai miei occhi come l’inquadratura di un fenomeno naturale, girata al rallentatore, in un documentario».

In questi casi, più che mai, vale l’eterno aforisma di Oscar Wilde: «Non esistono libri morali o immorali. Esistono solo libri scritti bene o scritti male».

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