In libreria l’autobiografia di Gypsy Rose Lee, la regina del burlesque delle origini

Il burlesque, quell’arte di sedurre con humour e giarrettiere che ora è tornata di moda dopo decenni di oblio, l’anno scorso si è imposta  all’attenzione dell’opinione pubblica italiana, grazie anche allo spogliarello di Dita Von Teese a Sanremo.

Da allora in tutta Italia è stato un fiorire di iniziative che spiegano e celebrano questo antico genere nato in realtà in teatro e nel quale eccelsero le varie Sally Rand e Ann Corio e a cui poco dopo si ispirarono leggendarie pin-up come Bettie Page. Così, la moda del burelesque si è imposta dalle gallerie d’arte alle palestre che organizzano corsi di spogliarello,  in Tv con il successo del reality di Sky “Lady Burlesque” e al cinema che al tema ha di recente dedicato un musical con Christina Aguilera.

A questo “ritorno di fiamma” non poteva sottrarre nemmeno l’editoria. E così la Adelphi,dopo una prima edizione italiana datata 1997 e passata quasi inosservata ristampa “Gypsy”, l’autobiografia di Gypsy Rose Lee, una delle regine di questo particolarissimo genere che vide l’apice della sua parabola artistica coincidere con gli anni della Grande Depressione.

Quando apparve in America nel 1957, “Gypsy”  ebbe un successo clamoroso: ispirò il musical di Broadway “Gypsy: a musical fable” di Arthur Laurents (1959) e soprattutto il film “Gypsy – La donna che inventò lo strip tease” di Mervyn LeRoy (1962). L’opera è un libro di memorie che racconta lo sviluppo artistico di Gypsy Rose Lee.

La ragazza approda prima sulla ribalta degli scintillanti show di Ziegfeld a New York e si afferma come la più grande spogliarellista del suo tempo, infilando un tour dietro l’altro. Tra i suoi pezzi forti c’erano tutti i clichè del tempo: gangster con la febbre del palcoscenico, stripper specializzate nella contorsione indipendente dei seni, vecchi comici condannati a ripetere in eterno la stessa scenetta hawaiana.

Le innumerevoli situazioni comiche del libro, spesso sono veicolate dalla “mamma” della protagonista che non rinuncia ad accompagnarla sulla ribalta e a difenderla dagli spasimanti e dai dispetti delle colleghe. In fondo Dita Von Teese non si è inventata niente: come oramai succede in moltissime forme artistiche, tutto è stato già fatto.

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