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Il Fatto: “Sara Tommasi, soldi pubblici per prestazioni…”. Escort-gate Sicilia

di Alberto Francavilla |20 Giugno 2013 9:41

PALERMO – Sicilia, l’inchiesta su presunti viaggi e incontri con escort che sarebbero stati pagati con soldi destinati ai disoccupati, si arricchisce di un nuovo capitolo: anche Sara Tommasi sarebbe stata pagata con i soldi pubblici di un fondo riconducibile alla Regione. Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza lo scrivono su Il Fatto Quotidiano. E scrivono che la Tommasi sarebbe stata pagata per “prestazioni di altra natura” rispetto al millantato servizio fotografico.

Lo Bianco e Rizza ricordano che l’inchiesta coinvolge molti politici delle ex giunte siciliane:

Al centro dell’inchiesta che ha condotto in carcere (e ai domiciliari), 17 persone, tra cui ex assessori (Luigi Gentile e Gianmaria Sparma di Fli), funzionari degli assessorati, alti burocrati e titolari di società pubblicitarie, ci sono un ente professionale, il Ciapi, e un faccendiere con radici nobili: Faustino Giacchetto, parente dei baroni La Lomia. Attorno una galassia di politici di rango, alcuni indagati per corruzione, altri, invece, solo dell’ipotesi di finanziamento illecito ai partiti; tutti sedotti anche dalle grazie di una decina di escort messe a disposizione dal faccendiere in una casa del centro di Palermo e in numerosi alberghi in provincia.

E a un certo punto nell’articolo Lo Bianco e Rizza fanno riferimento a Sara Tommasi, che sarebbe stata pagata ufficialmente per un book fotografico. Ma che, nel racconto di un “pentito”, si dice abbia preso soldi per “prestazioni di altra natura”:

Poi c’è la soubrette Sara Tommasi, destinataria, il 30 luglio 2010, di un bonifico di tremila euro, così spiegato da uno dei collaboratori di Giacchetto: “Qualche giorno dopo avermi consegnato un foglio di carta con l’indicazione dell’Iban della Tommasi – ha rivelato Angelo Vitale, amministratore della Sicily Comunication – il Giacchetto mi fece avere una bozza di contratto di cessione di diritti di utilizzo d’immagini fotografiche tra la Media Center e la Tommasi, affinché lo firmassi. Non avendo mai ricevuto il contratto firmato dalla controparte, né la fattura per il bonifico effettuato alla Tommasi, chiesi notizie al Giacchetto che mi fece intendere che non si trattava di un servizio fotografico, ma di un pagamento per delle prestazioni di altra natura” .

I due giornalisti de Il Fatto scrivono che i soldi arrivavano dal Ciapi, un ente che in teoria avrebbe dovuto sostenere i disoccupati dell’isola:

Il “bancomat” (così definito un colonnello della Finanza) del sistema criminale era il Ciapi, ente di formazione professionale che ha incassato in dieci anni oltre 100 milioni di euro senza aumentare di una sola unità l’occupazione in Sicilia, impiegando “in modo autoreferenziale” 200 persone, molte negli uffici dello stesso Giacchetto, in via Ruggero Settimo, divenutounasortadiassessorato parallelo al Turismo: qui arrivavano (e venivano predisposti) i decreti di finanziamento.

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