Militari, sesso e regolamenti: se Eisenhower fosse stato punito…

Eisenhower e la sua soldatessa inglese

Scrivo questa nota consapevole di andare contro il comune sentire e il comune dover sentire, ma lo volevo già fare da qualche giorno, dopo avere visto, in dvd, un vecchio film sullo sbarco di Anzio, piccolo capolavoro di cinema sulla guerra, che umilia qualunque film di oggi sul tema. Oggi le battaglie sono una carneficina di effetti speciali, una rissa che impasta corpi e raffiche, di cui è inutile capire lo sviluppo. In Anzio, che fu girato nel 1968, produttore Dino De Laurentiis, gli scontri a fuoco sono descritti con didascalica precisione e ciò trasmette una suspence da thriller. 

Il film ha come protagonisti un militare un po’ geniale e molto fuori schemi imterpretato da un giovane Peter Falk, non ancora promosso a tenente Colombo, e un maturo Robert Mitchum, un George Cloney dei suoi tempi, nel ruolo di Dick Ennis, giornalista pacifista embedded in un reparto di Rangers, che risolve la battaglia con l’unica raffica di mitra della sua vita e detta inascoltato la strategia al comandante dell’operazione, poi rimosso per essersi fatto topo davanti al gatto Kesselring. Mitchum e Falk arrivano indisturbati a Roma su una jeep subito dopo lo sbarco, fanno un giro per piazza Mattei (proprio quella delle tartarughe dello spot del Vecchia Romagna) e tornano alla base indisturbati. 

Viene da pensare: quanti meno morti ci sarebbero stati, sul fronte e dietro le linee,  se quel serio generale, dall’aria di buon padre di famiglia, avesse dato retta a quel giornalista rompiscatole e a quel soldato dall’aria poco raccomandabile. 

Ma non è sul film che voglio intrattenere l’attenzione dei coraggiosi che si sono spinti a leggere fin qui, solo sulla scena iniziale: una mega rissa tra opposti gruppi di forze speciali americane, in un salone di reggia che potrebbe essere Caserta. Arriva la polizia militare e il capo pattuglia raccomanda indulgente: “Piano con quel fischietto, potresti fargli venire il mal di testa”. Arriva il generale, tutti si fermano. Lui fa finta di niente, consapevole che sbronze e risse allentano la tensione e dice solo: “Rimettetevi in sesto, fra sei ore si parte”. 

Ho subito pensato allo scandalo provocato, alcuni mesi fa, da una festa molto osé, a dire il vero, tenuta dalle guardie addette alla sicurezza dell’ambasciata americana a Kabul. Senza stare col misurino a pesare se fosse più osceno il festino di Kabul o Peter Falk abbracciato con tre dicesi tre ragazzi italiane, che congeda con una manciata di dollari nel reggiseno, facevo un ragionamento che sono sicuro farà indignare molti, quelli che non la cosa colpisce, ma il modo: come è cambiato il mondo. Infatti allora gli americani vincevano le guerre, ora le perdono tutte, tranne quelle in cui (come la prima invasione dell’Iraq) si limitano a bombardare a tappeto il paese bersaglio. 

Quale è il nesso? Giusto il moralismo, giusta l’attenzione all’etica. Ma attenzione anche al fatto che tutte le nostre forze non si esauriscano nello strenuo rispetto della forma. Discorso difficile, discorso pericoloso, guai se lo si applica alla vita civile, alla quotidianità democratica. 

Ma la guerra…Che fine farebbero oggi generali come Patton, come Mc Arthur? Brutta gente nell’insieme, ma hanno vinto e hanno vinto con il minimo sacrificio possibile dei loro uomini. 

Pensavo: in un esercito moderno, per gente così non ci sarebbe più posto, ormai solo Eisenhower sopravviverebbe: grande super stratega, grande burocrate, pessimo capo di uomini, se è vero che sotto il suo comando sono morti a decine di migliaia in una sola battaglia. 

Oggi arriva la notizia che i canadesi hanno rimosso il generale Daniel Menard, loro comandante in Afghanistan: aveva sparato colpi d’arma da fuoco all’interno del loro fortino, soprattutto si è mescolato con una soldatessa. Il regolamento lo vieta. 

Il cinico Eisenhower, che quando la guerra finì rifiutò anche di rivederla, grazie a una soldatessa inglese, Kay Summersby Morgan (allora le chiamavano ausiliaire), che gli faceva da autista e non solo, visse una bellissima, dolcissima stagione d’amore (pare con sesso quasi zero) che forse contribuì a fargli dimenticare gli uomini che mandava a morire e a fargli organizzare una delle più memorabili imprese militari della storia, lo sbarco in Normandia. 

Se, dal quartier generale di Washington, il suo capo, amico e mentore George Marshall avesse applicato il regolamento all’incauto Eisenhower, quando fu informato delle chiacchiere sul comandante in capo di Overlord, non solo l’America avrebbe avuto un altro presidente, ma forse in Europa, invece della Merkel, ci sarebbero ancora a dettar legge, con qualche problemino in più per tutti noi, quei tali con la svastica al braccio e la foto di Hitler in ufficio. 

Il confine tra etica e etica è sottile. Più complesso è il mondo, più difficile è orientarsi. Ma un po’ di sano buon senso a volte può aiutare.

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