CITTA’ DEL VATICANO – Papa Francesco aveva promesso “tolleranza zero” verso i prelati che si macchiano di abusi sessuali sui minori. E in effetti il Vaticano non sta facendo sconti all’ex nunzio nella Repubblica Dominicana, l’arcivescovo polacco Jozef Wesolowski, 66 anni, che al termine del primo grado di giudizio del processo canonico a suo carico è stato condannato in questi giorni dalla Congregazione per la Dottrina della fede alla dimissione dallo stato clericale.
Wesolowski, alle spalle una lunga carriera diplomatica e dal gennaio 2008 a Santo Domingo, rimosso dall’incarico e richiamato in Vaticano dal Pontefice nell’agosto scorso perché coinvolto in un caso di presunti abusi pedofili, ha ora due mesi per proporre un eventuale appello, Ma la sua vicenda processuale non si ferma solo all’aspetto canonico.
Non appena la sentenza diventerà definitiva proseguirà anche il procedimento penale presso gli organi giudiziari vaticani – Wesolowski è infatti cittadino del piccolo Stato d’Oltretevere – ora in stand-by per non sovrapporsi al giudizio di fronte agli organi ecclesiastici. Ma c’è di più. L’ex nunzio ora rischia addirittura l’arresto da parte delle autorità vaticane, o comunque un provvedimento di restrizione della libertà.
“Tenuto conto della sentenza ora pronunciata” dall’ex-Sant’Uffizio, “saranno adottati nei confronti dell’ex nunzio tutti i provvedimenti adeguati alla gravità del caso”.
L’annuncio dato dalla sala stampa vaticana fa riferimento a recenti notizie che davano Wesolowski avvistato a spasso per le vie di Roma, in particolare a Via della Scrofa, dal vescovo ausiliare di Santo Domingo, Victor Masalles, che su Twitter aveva per questo espresso “sorpresa”.
“Si precisa – dice una nota della sala stampa – che finora mons. Wesolowski ha usufruito di una relativa libertà di movimento in attesa che la Congregazione per la Dottrina della Fede procedesse a verificare il fondamento delle accuse mosse a suo carico”.
Ora però, ha spiegato il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi,
“si prenderanno misure perché sia residente in un posto preciso, limitato, senza libertà di movimento, poiché è una persona giudicata colpevole di un reato grave ed in attesa di un ulteriore procedimento giudiziario”.
La vicenda dell’ex nunzio, ora ridotto allo stato laicale, che dopo la condanna canonica è atteso in Vaticano anche da un processo penale, segna visibilmente un nuovo corso nella gestione dei casi di pedofilia, senza coperture né trattamenti speciali per i presuli d’alto rango. Papa Bergoglio, che ha istituito una commissione internazionale per la tutela dei minori e che nei prossimi giorni dovrebbe celebrare una messa a Santa Marta con un gruppo di vittime di abusi, lo aveva detto chiaramente durante il volo di ritorno dalla Terra Santa.
“In Argentina, ai privilegiati noi diciamo: ‘Questo è un figlio di papà’. In questo problema non ci saranno figli di papà”, aveva affermato. “In questo momento, ci sono tre vescovi sotto indagine: uno è già condannato e si sta valutando la pena da comminare. Non ci sono privilegi”.
Il Pontefice aveva definito l’abuso sui minori “un reato tanto brutto”:
“un sacerdote che fa questo, tradisce il Corpo del Signore, perché questo sacerdote deve portare questo bambino, questa bambina, questo ragazzo, questa ragazza alla santità; e invece di portarli alla santità, abusa di loro. E questo è gravissimo! E’ come fare una messa nera. Tu devi portarlo alla santità e lo porti a un problema che durerà tutta la vita”. “Su questo si deve andare avanti, avanti – aveva annunciato il Papa -: tolleranza zero”.
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