ROMA – Si chiama Peter Scully il 52enne australiano incastrato e arrestato nelle Filippine dove viene considerato “il peggior pedofilo della storia”. Contro di lui ci sono ben 75 capi di imputazione e prove tanto schiaccianti (compresi filmati delle atrocità commesse) che i pubblici ministeri delle Filippine hanno deciso di chiedere il ripristino della pena di morte, abolita nel paese oltre dieci anni fa.
Peter Scully, nato a Melbourne, è fuggito nelle Filippine dall’Australia nel 2011 dopo essere stato accusato di frode. Approdato nelle Filippine, l’uomo ha iniziato a gestire un sito di materiale pedopornografico.
Secondo la ricostruzione degli investigatori – scrive Federica Macagnone del Messaggero – Peter Scully prometteva alle famiglie delle piccole vittime di prendersi cura dei bambini, di dare loro del cibo e di consentire loro di andare a scuola. Tutti quei bimbi, invece, alla fine affrontavano il medesimo terribile destino: venivano stuprati e torturati fino alla morte. Le violenze (grazie all’ausilio di alcuni complici, tra cui due ragazzine, Carmen Alvarez e Liezyl Magallo) venivano riprese con delle telecamere. I filmati venivano poi venduti attraverso il sito di pornografia “No Limits Fun” sul Dark web e acquistati da utenti in Brasile, Germania e Usa al costo di 10.000 dollari.
L’uomo è stato arrestato l’anno scorso solo dopo che due bimbe di 9 e 12 anni, sono riuscite a scappare dalla sua casa degli orrori. Nel stessa casa la polizia ha trovato i resti di una ragazzina di 11 anni, cugina delle due fuggite. Secondo il racconto terrificante delle due sopravvissute, la piccola è stata stuprata poi costretta scavarsi la fossa e infine strangolata.
La legge filippina permetterebbe di condannare Scully ad un massimo di 30 anni e potrebbe poi scattare l’estradizione in Australia dove era ricercato e dove sconterebbe la pena. “Noi crediamo che questo non sia sufficiente”, ha dichiarato il procuratore capo, Jaime Umpa, aggiungendo: “Se fossi io a scegliere deciderei per la pena morte e vorrei che ciò accadesse”. “Dobbiamo mandare un messaggio forte agli altri che vengono nelle Filippine pensando di poter torture e abusare dei nostri figli, saranno perseguiti con tutta la forza”, ha concluso il procuratore.