ROMA -Di “puro e semplice” in questa storia non c’è niente. Tranne il proscioglimento (“relaxe pure et simple”) per l’accusa di “prossenitismo aggravato” richiesto dagli stessi pm francesi che avevano portato alla sbarra nel tribunale di Lille Dominique Gaston André Strauss-Kahn (DSK) per il secondo scandalo sessuale a pochi mesi dall’arresto a New York (per inciso il processo s’è concluso con un nulla di fatto, la cameriera Nafissatou Diallo ha aperto un ristorante africano-americano con i soldi liquidati da DSK, si parla di un milione e mezzo di dollari).
Il “Sardanapalo” dei nostri tempi, l’ex direttore del Fondo Monetario Internazionale, l’uomo che avrebbe dovuto sedere sulla poltrona di Monsieur Hollande all’Eliseo, per i moralisti l’ha scampata (“Dsk, fare un’orgia e farla franca” ha titolato il Fatto quotidiano), per i garantisti è una vittima, visto che “la notorietà non può essere un criterio di colpevolezza” (lo ha ribadito la pubblica accusa).
DSK è un libertino consumato e convinto. Ma non è un prosseneta, termine scomparso nei nostri testi giuridici, diremmo sfruttatore della prostituzione, nei peggiori bar di Caracas diremmo ruffiano o magnaccia o pappone. “Una virtù non è altro che un vizio che s’innalza invece di abbassarsi” dichiarava un suo illustre predecessore per intelligenza e depravazione, il Divin Marchese De Sade.
Origliando le sedute del processo del Carlton, di “salute pubblica”, secondo un avvocato, o meglio spulciando Le Monde o il meno rigoroso e per questo più stuzzicante Le Point, della perversa e mostruosa eleganza di un “Justine e le disavventure della virtù”, non resta, sfortunatamente, che qualche rottame lessicale, un glossarietto sconcio adatto allo spirito dei tempi e al carattere dei protagonisti. E per questo interessante.
Un problema anche giornalistico visto l’imbarazzo anche solo per nominare le cose: si deve scrivere “sodomia” o pratica sessuale, “partouzes” (orge) o “cene eleganti”, si traduce “bondage”, si chiede il Novel Observateur. DSK, “le roi de la fête”, è la figura dominante (“La strauss-kahnie impazza malgrado la caduta del suo eroe” segnala Le Monde), René Kojfer, sospettato di aver orchestrato il giro di prostitute e Dominique Alderweireld, detto Dodo la Saumure, proprietario di alberghi e quello che sembra rischiare di più nel processo, fanno da comprimari. Un gruppetto di amici sporcaccioni o, come pure ha dichiarato l’accusa, la confluenza di “reti massoniche, libertine e politiche”?
Prosseneta. Il giudice: “Come chiamereste qualcuno che mette in contatto delle ragazze con degli uomini allo scopo di intrattenere relazioni sessuali a pagamento?”. Kojfer: “Beh, mediatore”. Il giudice: “No”. Kojfer: “Non la trovo, signora giudice”. Il giudice: “Cerchi bene”. Kojfer: “Pro…prosseneta”. Il giudice: “Oui, voila!”. (Le Point)
Prostituta. E’ chiaro che trattasi dell’oggetto del processo capire se le ragazze fossero prostitute retribuite. Tutti gli imputati negano. Al massimo “escort”. Anche nelle conversazioni telefoniche intercettate si ricorre ad eufemismi (a sua volta un eufemismo), del tipo: “de la jeune Black cochonne” (maialina di colore), “piccola asiatica”, “bouquet assortito”, “cheptel” (bestiame, quando associato a prospettive orgiastiche). In processi analoghi (Benzema e Ribery e l’allora minorenne Zahia Dehar sono balzate alla cronaca “”michettoneuse” (intraducibile, forse sgualdrinella) e “starfuckeuse” (scopatrice di star, vip). Più raro, “dossier”.
Libertinaggio. Sia a New York che a Lille DSK, a tratti, è sembrato compreso nella parte di istruttore di libertinaggio dell’attonito ma attento giudice (donna). Ecco la sua concezione delle scene di “boucherie” e “carnage”messa a verbale: “Una serata libertina, secondo me, è una serata nella quale uomini, donne, coppie, si riuniscono per fare sesso, per il piacere del sesso e non per motivi affettivi”. Per poi aggiungere: “E’ stata una riunione ricreativa, vivo un’esistenza frenetica, con qualche valvola di sfogo come quella. Non credo che questa gente si riunisca per altre cose che fare festa, compreso in senso sensuale”.
Per Jade, “prostituta suo malgrado” (Le Point) quello cui ha assistito (all’Hotel Murano) non è libertinaggio: “Era un po’ come nei tempi antichi: un uomo con tante donne attorno a lui sul letto. Ne aveva sette o otto. Tutti quei corpi che si mischiano, mi ha disgustato. Non è questo il libertinaggio. Nel libertinaggio c’è scambio, un andare e tornare. Lì era solo un andare”.
Sodomia. Qui entriamo in ambito propriamente sadiano. Ma è da un punto di vista meramente processuale che diventa interessante come a un certo punto si ponga la questione: si stabilisce la “sessualità più rude della media” di DSK (per sua stessa ammissione), si ascolta la deposizione di Jade che, raccontando di una serata particolarmente brutale, dichiara che proprio a causa delle pratiche sessuali richieste DSK non poteva non conoscere il suo status di prostituta (in macchina, lei gli dice di essere una spogliarellista che alla fine dello spettacolo sceglie un uomo del pubblico con cui trascorrere la notte).
Jade (in lacrime): “Ho subi… una penetrazione alla quale avrei risposto di no se me lo avesse domandato. Perché questo non mi va. Ogni che vedo una sua fotografia (di DSK, ndr.) rivedo quell’impalamento interiore, mi sento squarciare dentro. Nessun cliente si è mai permesso con me. (Il presidente le fa presente che ha ripetutola parola “cliente”). Sì perché se non avesse saputo che facevo la prostituta, se m’avesse preso per una libertina come dice mi avrebbe chiesto se fossi stata d’accordo o meno di aver quel tipo di rapporto”.
DSK (calmo, fermo, sprezzante): “Niente di tutto ciò mi consentì di dedurre che si prostituisse. Ho pensato che in quanto libertina amasse danzare in un club e avere una relazione con un cliente. Non discuto della percezione che ella ha avuto del nostro incontro sessuale. Ma non me lo ricordo alla stessa maniera. Penso che devo avere una sessualità, lo scopro in questo dossier, più rude della media. Ma ho esattamente lo stesso comportamento sessuale con tutte le donne”. (Liberation)
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