Sul tema delle pensioni e delle pensioni d’oro in particolare, se Berlusconi non prende le distanze da Giorgia Meloni o non la isola, finirà contagiato e si appiattirà sulle stesse posizioni da comunisti, termine che Berlusconi evoca spesso per fare terrorismo, di Beppe Grillo, di Sel e del Pd di Matteo Renzi.
Una spaccatura si è già registrata lunedì 3 gennaio, quando Forza Italia ha votato contro Giorgia Meloni proprio su questo punto.
Se non farà così, sarà una scelta che, in cambio di un po’ di voti di nostalgici e di estremisti, costerà a Berlusconi, come già costa al Partito democratico, un bel po’ di consenso.
L’imbarazzo di Berlusconi è palpabile e lo si legge nelle pagine del Giornale, che alla sconfitta subita da Giorgia Meloni e dai seguaci di Beppe Grillo in commissione alla Camera dedica poche righe nascoste sotto un pezzo dedicato al toto presidente Inps, esattamente 12 righe e un richiamo nel sottotitolo:
“Alla Camera salta il taglio sulle pensioni d’oro”.
L’imbarazzo è palpabile, anche perché Forza Italia ha votato contro Giorgia Meloni.
Diffusa invece è a cronaca di Enrico Marro sul Corriere della Sera:
“La maggioranza, con l’aiuto di Forza Italia e Sinistra e libertà, blocca il disegno di legge per rivedere gli interventi sulle pensioni sopra un certo limite, presentato dal capogruppo alla Camera di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni. La commissione Lavoro ha infatti approvato un emendamento presentato da Sergio Pizzolante (Ncd) soppressivo dell’intero testo, e quindi il relatore, Maria Luisa Gnecchi (Pd), riferirà con parere negativo quando la proposta arriverà nell’aula della Camera.
“Il disegno di legge Meloni — che ha fatto strada in virtù del diritto delle minoranze di far esaminare una tantum un proprio progetto di legge — proponeva un tetto di 5 mila euro lordi al mese (circa 3.200 euro netti) comprensivo di tutte le pensioni, incluse quelle integrative, oltre il quale sarebbe scattato il ricalcolo dell’importo col metodo contributivo (pensione commisurata ai versamenti di tutta la vita lavorativa), di regola meno generoso del metodo retributivo o misto con cui le pensioni sono state calcolate. In sostanza, oltre i 5 mila euro lordi, si sarebbe potuti andare solo se risultavano contributi versati tali da far maturare un importo maggiore. I risparmi di spesa (non quantificati) sarebbero stati destinati ad aumentare le pensioni al minimo, gli assegni sociali e le pensioni d’invalidità”.
L’idea alla base del progetto Meloni non è certo infondata ma presenta due elementi negativi:
1. quelle “pensioni d’oro” sono frutto di leggi dello Stato e annullarle sarebbe per lo Stato un po’ come congelare i Bot, un colpo alla sua credibilità dalle conseguenze incalcolabili;
2. si alimenta nel clima di odio sociale che fa dall’Italia un paese sempre più peronista.
La reazione di Giorgia Meloni è stata “dura”:
“dice di aver fatto di tutto per trovare un accordo con la maggioranza: «Avevo mostrato disponibilità ad accettare gli emendamenti del Pd pur di giungere a un testo condiviso. In particolare, l’aumento della soglia a 14 volte la pensione minima (in pratica, 5 mila euro netti anziché lordi, ndr) e di tagliare dal computo le pensioni complementari e integrative», ma il voto dimostra che la maggioranza, «con la sorprendente complicità di Sel, non ha alcuna intenzione di mettere mano alla vergogna delle pensioni d’oro»”.
L’accusa è respinta da tutti gli interessati, riferisce Enrico Marro, citando cumulativamente Maria Luisa Gnecchi, Marianna Madia e Marco Miccoli del Pd:
«Vogliamo affrontare il problema delle pensioni d’oro con serietà. Nella proposta Meloni ci sono errori grossolani e abbiamo dubbi sull’efficacia del ricalcolo e sulla costituzionalità. Vogliamo inoltre che vengano aboliti anche i vitalizi».
“Pensioni da 3.200 euro nette non sono d’oro, aggiunge il presidente della commissione Lavoro, Cesare Damiano (Pd). Pizzolante (Ncd) parla di «spot elettorale che non passerebbe mai il vaglio della Corte costituzionale». Per Sel bisogna colpire «tutti i redditi d’oro», non solo le pensioni”.
Cesare Damiano, che è presidente della commissione Lavoro della Camera, ha elaborato:
“L’onorevole Meloni ammette di avere scritto una proposta di legge che contiene errori grossolani. Infatti, ribadisce che la soglia da lei individuata è di 5 mila euro lordi mensili, vale a dire circa 3.200 euro netti, alla quale si sommano le pensioni integrative, portando l’importo della pensione da colpire al di sotto dei 3.000 euro.
“Per l’onorevole Meloni si tratta di una pensione d’oro? Non sa che la previdenza complementare è una forma di risparmio personale del lavoratore che mette a disposizione anche il trattamento di fine rapporto per avere una pensione privata aggiuntiva a quella pubblica?”.
”Chi dà al legislatore il diritto di colpire queste forme di previdenza che dovrebbero, invece, avere ulteriori incentivi fiscali? Non sa che queste forme di pensioni complementari sono a capitalizzazione pura e che il calcolo retributivo non ha niente a che vedere con esse?
“Penoso è il modo superficiale con il quale si scrivono proposte demagogiche che non colpiscono i veri privilegi ma le persone comuni.
“Perché nella proposta non si prevede un intervento sui vitalizi regionali, dei parlamentari nazionali e europei che rappresentano in molti casi una assurda sommatoria agli assegni pensionistici? Noi su questo vogliamo intervenire perché siamo interessati a un vero risultato, non alla propaganda.
”Se si parte, come fa la proposta dell’On. Meloni, da 5mila euro lordi mensili, pari a 3200 euro netti e a quella cifra si aggiunge anche la pensione integrativa, non si può parlare di ‘pensioni d’oro’, ma di importi inferiori ai 3 mila euro mensili. Scendere al di sotto di questa soglia e toccare anche le pensioni più basse è un passo breve”.
”Non dimentichiamo che alcuni commentatori e studiosi propongono di ricalcolare con il sistema contributivo tutte le pensioni da 2mila euro lordi mensili in su liquidate con il sistema retributivo. Una nuova tosatura a carico questa volta degli attuali pensionati. Non vorremmo che si giungesse alla aberrazione di considerare d’oro pensioni da 1200 euro netti mensili conquistati dopo 40 anni di lavoro alla catena di montaggio. Colpiamo invece i veri privilegi”.
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