Il bastone di Berlusconi, le uova degli studenti e la manovra 2011: 25 miliardi

Berlusconi agita il bastone, gli studenti lanciano uova, mancano sei mesi scarsi alla nuova manovra per rientrare di circa 25 miliardi di debito pubblico. Il premier è stato chiaro: il governo che c’è magari si cambia un po’ ma non si abbatte, anzi non si tocca neanche con un fiore, come le signore. “Fini faccia un passo indietro visto come si è comportato”. E “Casini dia l’appoggio esterno al governo”. Somma algebrica dei due perentori inviti: si prende il voto di fiducia di entrambe le Camere il 14 dicembre. Se è fiducia “piccola” nei numeri, se è la fiducia di un giorno e poi si ricomincia in Parlamento a votare contro il governo, questo proverà a governare fino a gennaio. Poi andrà dal capo dello Stato e, a nome della maggioranza sancita dalla “fiducia di dicembre”, chiederà di sciogliere le Camere e andare alle elezioni anticipate. Non piace? Questa è la sola “minestra”. Minestra condita con un po’ di posti al governo che si sono resi liberi e che possono essere assegnati a chi la minestra la mangia. Fini faccia atto di contrizione politica e faccia votare i suoi a favore di quel che il governo fa, Casini “appoggi” perché entrare al governo pare non voglia e comunque la Lega non vuole. Se la minestra non piace, allora che saltino dalla “finestra” delle elezioni. E se il 14 dicembre la fiducia Berlusconi alla Camera non la ottiene? Berlusconi è quasi sicuro di farcela ma, in quel caso, dalla finestra si salta subito.

Il problema, per nulla imperativo e categorico per tutti, ma obbligatorio e non solo per durezza di calendario, è che dopo il 14 dicembre c’è il 15. Giorno in cui l’Europa si siede al tavolo della sua collettiva crisi finanziaria. La Grecia è stata salvata, l’Irlanda la si sta salvando. Se necessario si potrebbe salvare anche il Portogallo. Poi i soldi, i sette/ottocento miliardi di euro di riserva per non fare andare in default gli Stati saranno finiti. Metterne altri…e chi li mette? E a quali condizioni e metterli perchè? Giusta o sbagliata che sia, l’idea di salvare sempre e comunque sta rivelandosi alla lunga insostenibile. La Germania della Merkel pensa che la stessa certezza del salvataggio sia interruttore che sempre accende le crisi. Interruttore dunque da non far scattare più in automatico. Se tutti sono sicuri che saranno salvati, nessuno si metterà preventivamente in condizioni di salvarsi da solo. Quindi o a partire da una certa data, è stato detto il 2013, chi compra titoli e obbligazioni di Stati e banche a rischio guadagnando alti tassi di interesse deve sapere che in caso di bancarotta paga anche lui non rientrando di tutto il capitale investito, o/e i singoli Stati devono riavviarsi verso una percentuale di debito “sostenibile”, il sessanta per cento del Pil come traguardo. L’Italia è quasi al doppio, se l’Europa decide si debba tutti invertire la marcia, per l’Italia, chiunque governi a Roma, sono circa 25 miliardi di debito da tagliare nel 2011. Altrimenti? Altrimenti la crisi vista e vissuta dal 2008 a oggi sarà stata solo l’aperitivo in attesa del piatto di portata: il default di qualche grande banca e qualche Stato sovrano.

In Irlanda è il giorno in cui il governo vara un piano di rientro di 15 miliardi. Governo che sta per lasciare, in Irlanda saranno elezioni anticipate. E non è detto che l’elettorato irlandese “ci starà”. Monta in Irlanda la protesta sociale contro i tagli, tagli al salario minimo, all’indennità di disoccupazione, nuove tasse. Gli irlandesi si sentono soffocati dai 90 miliardi che l’Europa presta loro per non fare bancarotta. E soffocati rischiano di essere davvero. Nell’ansia, angoscia e protesta dimenticano di essere in gran parte titolari di quei libretti di risparmio cui il governo ha assegnato un  tasso di guadagno del 26 per cento, al modico costo di tre miliardi l’anno. Dimenticano che la ricchezza conosciuta negli ultimi anni era ricchezza di carta. Succede, succede sempre quando una società deve tornare indietro nelle condizioni di reddito e consumi. In Grecia non molti amano ricordare che ottenere un posto nel pubblico impiego era ottenerlo per la famiglia e non per il singolo lavoratore. La colpa del dramma greco è certamente dei governi di Atene che mentivano scientemente e truccavano i dati della spesa pubblica. In Irlanda la colpa è certamente delle banche e del governo che le ha coperte quando prestavano soldi a chi mai avrebbe potuto restituirli. Ma di soldi pubblici campava in Grecia la gente e di speculazione finanziaria approfittava in Irlanda la gente. Gente che ora a Dublino e ieri ad Atene tirava uova sui Palazzi, così come hanno fatto gli studenti italiani sui portoni del Senato. L’Europa della gente recalcitra, protesta, non ci sta: vuole la garanzia di essere “salvata” e la vuole gratis.

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