Sipario sulla Camera degli Incontinenti. Preparano la rissa dei tre giorni

ROMA –Sospesa per impraticabilità di campo, la Camera dei deputati e la “discussione” sulla prescrizione breve, a buon titolo ribattezzata “prescrizione greve”. Sospesa la Camera e se lo merita, impraticabile un “campo” dove un ministro prima zittisce con il dito appiattito sul naso e poi manda a “fanculo” il presidente. Dove qualcuno grida alla deputata Ileana Argentin “handicappata di merda”, dove ci si gettano in faccia tra ministri e deputati le tessere per il voto elettronico, dove quattro ministri arrivano di corsa dopo aver interrotto il Consiglio di governo sulla Libia e sugli immigrati, non fanno in tempo a votare, litigano con Fini e qualcuno punisce Fini tirandogli, in mancanza di qualcosa di più contundente, un giornale sulla testa. Avrebbero dovuto sospenderla per manifesta e conclamata, volgare e prolungata inciviltà. Non è stato così, non è stata sospesa in un sussulto di dignità ma in uno spasmo di impotenza. Ma almeno è sospesa, almeno fino a martedì lo spettacolo triste è sospeso.

Se ne duole Bossi: “La Russa doveva stare zitto, ha fatto un regalo all’opposizione, ritardando il processo breve”. Bossi si duole anche, a modo suo, della passeggiata di La Russa tra i manifestanti anti Berlusconi: “Se me lo diceva gli prestavo lui, è cintura nera di karate”. Lui è quello che Bossi accompagna e che Bossi indica ai cronisti. Quel che Bossi non indica ma che vede bene è l’ingorgo, la massa critica, i due treni che viaggiano a velocità crescente verso lo schianto frontale. Lunedì la Camera dovrebbe votare sul “conflitto di attribuzione”, insomma la maggioranza di Berlusconi dovrebbe chiedere a nome del potere politico e del Parlamento che il processo Ruby non si apra 48 ore dopo a Milano. Con l’argomento principe, è il caso di ricordarlo, per cui Ruby era davvero almeno nella testa del premier la vera nipote di Mubarak. Martedì la stessa Camera discute la prescrizione breve per gli incensurati, quella nuova legge che elimina il processo Mills e quello Mediaset e azzoppa quello Mediatrade. Tre giorni filati capaci di schiantare quel che resta delle istituzioni di uno Stato, tre giorni di “guerra civile a bassa intensità” ma ad altissima volgarità. Tre giorni in cui il governo e la maggioranza si tuffano con un “eccesso di faccia tosta” secondo la definizione letta su La Stampa. E tre giorni verso cui l’opposizione si avvia con “sdegno fuori controllo”. Fermarli ad ogni costo si dicono quelli del Pd. Fermarli ma come? Abbandonare l’aula, dimettersi in massa? Cingere d’assedio Montecitorio? Diventare il rimorchio del minoritario e isterico “popolo viola” o la foglia di fico impotente e involontaria di un nuovo “regime giudiziario”? C’è, qual è una terza via?

Camera dei Deputati, Montecitorio, uno dei rami del Parlamento, sono tanti i nomi con cui si può identificare l’emiciclo presieduto da Gianfranco Fini e, viste le ultime performance di chi su quei banchi siede, da oggi a quei nomi si potrebbe forse aggiungere “Camera degli Incontinenti”. Qualunque cosa gli scappi, i deputati la fanno e non c’è “pannolone” che tenga e nasconda. Lo spettacolo offerto dai deputati negli ultimi due giorni è infatti più che una conversazione da bar sull’ultimo derby calcistico, è lo scomposto agitarsi sulla tolda e nella stiva di un bateau ivre.

Il primo a sdoganare insulti e pose da rissa da strada alla Camera è stato il ministro La Russa. Primo non in termini assoluti di tempo, esistono  precedenti, ma primo in questa due giorni ricca di cadute di stile, a voler essere gentili. Ministro La Russa che  mercoledì 30 marzo ha platealmente mandato a quel paese, con mimica e  parole, il Presidente della Camera, il suo ex collega di partito e ora acerrimo nemico Gianfranco Fini. Presidente reo di aver chiesto all’educato ministro di “avere un atteggiamento rispettoso verso l’assemblea” e meritevole quindi di un vaffa. Non si interrompe un Ministro, neppure se questo sta interrompendo a sua volta un deputato (Franceschini) con applausi ironici e al grido “bravo, bravo”. O almeno è questo quello che pensa La Russa. Ma la verve del ministro della difesa è nota e arci nota, nel suo palmares si possono ricordare i calci all’inviato di Annozero, il “sei un pedofilo” urlato ad un cittadino che lo contestava, il “mi fai schifo” rivolto ad Odifreddi, o quando definì “disumana e criminale” l’Unhcr. E l’elenco potrebbe essere molto più lungo.

Il Collegio dei Questori della Camera ha deplorato l’atteggiamento del Ministro ma, siccome non esistono precedenti su intemperanze tenute dai ministri in aula, non esistono norme regolamentari adeguate e così Fini ha fatto sapere che la Giunta per il regolamento si riunirà per decidere il da farsi e colmare eventualmente la lacuna. Ma il Collegio dei Questori ha stigmatizzato anche l’atteggiamento di altri tre deputati: Porcino, Iannarilli e il sottosegretario Saglia per aver lanciato in aria dei fogli e dei giornali. Cose minori rispetto al “vaffa” certo, ma altrettanto certamente inadatte ad un’assemblea parlamentare.

Ma se il carisma di La Russa è noto, più sorprendente è l’esplosione di Angelino Alfano. Uno con un nome così farebbe supporre un carattere mansueto, ma evidentemente il clima della Camera degli Incontinenti ha coinvolto anche lui. Il Ministro della Giustizia, dopo la bocciatura del verbale della seduta di ieri, si è esibito questa mattina in una nuova disciplina: il lancio del tesserino. Alla chiusura del voto sul processo verbale Alfano, secondo quanto riferito dal leader dell’Idv, ha infatti gettato la sua tessera della Camera contro i banchi dell’Italia dei Valori. “E’ stato un gesto irresponsabile, immorale, illegittimo da parte del portantino di Berlusconi”, ha detto Di Pietro davanti alle telecamere e mostrando tra le mani la tessera di Alfano. Di Pietro che sceneggiva sulla sceneggiata.

Ma il bestiario della Camera merita di includere anche il deputato Pdl che, con abile mira, ha colpito con un quotidiano il presidente Fini alla testa. Gesto tecnico notevole se si tiene conto della notoria scarsa aerodinamicità dei quotidiani e se si considera che Fini, quando è stato colpito, era in movimento. Altissimo coefficiente di difficoltà, il deputato si sarà evidentemente allenato sin dalle elementari a tirar palline di carta alla maestra. E come escludere poi l’episodio citato Ileana Argentin, deputata disabile del Pd a cui un collega della maggioranza, Osvaldo Napoli, ha intimato di porre termine agli applausi in cui l’assistente dell’Argentin si impegnava. Giusto, ci vuol contegno in aula. Peccato che come ha ricordato la stessa Argentin “ io non posso muovere le mani, ma se non posso applaudire con le mie, lo faccio con le mani di chiunque”. Dai banchi dell’opposizione si sono levate urla e grida di “vergogna, vergogna”. Subito dopo il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha invitato il deputato che si era rivolto all’Argentin a chiedere scusa. Dai banchi della Lega si è alzato allora  Massimo Polledri che si è scusato, giustificandosi di “non aver capito”. Era volato il grido “handicappata di merda”, ma poi tutti o quasi si sono scusati, hanno “scusato” soprattutto se stessi.

Come in ogni scolaresca che si rispetti però nessuno è esente da colpe e il clima da bar, o da stadio che si voglia, alla fine coinvolge anche i “secchioni”. E i secchioni in questo caso sono i deputati del Pd Bindi e D’Alema. La Bindi voleva il ritiro della delegazione del Pd per protestare contro l‘inversione dell’ordine del giorno dei lavori a Montecitorio che ha messo al primo posto la discussione sulla prescrizione breve, che se approvata in pratica metterebbe fine al processo Mills che vede imputato Silvio Berlusconi. D’Alema era contrario e, ironizzando, avrebbe detto: “Che vuoi? Che gli vado a menare? Mi levo gli occhiali e vado”. Hanno ragione i pidiellini, ha ragione la maggioranza e il Governo, Fini è inadatto a fare il Presidente della Camera, ci vuole una persona che lo sostituisca, possibilmente affiancata da qualche insegnante di sostegno che abbia esperienze con bambini difficili. Ma non sono bambini, è la nostra classe “dirigente”, dove ci diriga è ormai chiaro.

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