Il Consiglio d’Europa all’Italia: “I respingimenti degli immigrati violano i diritti umani”

Con i respingimenti dell’estate scorsa (9 operazioni per oltre 800 migranti rimandati in Libia tra maggio e agosto) l’Italia ha violato la Convenzione europea sui diritti umani. Inoltre, la Libia è un Paese a rischio maltrattamenti e tra le persone ‘respinte’ c’erano anche minori, donne incinte e potenziali rifugiati. Il Comitato per la prevenzione della tortura (Cpt) del Consiglio d’Europa, con un documento che sarà presentato ufficialmente mercoledì a Strasburgo, boccia senza appello la politica italiana dei respingimenti.

Il rapporto dell’organismo è stato realizzato sulla base di una visita di rappresentanti del Comitato in Italia tra il 27 ed il 31 luglio, nel corso della quale le istituzioni centrali di Roma hanno fornito una cooperazione definita ‘insoddisfacente’. Alla delegazione del Consiglio Europa sarebbe stato infatti negato l’accesso a documenti e informazioni. Ad esempio, le autorità italiane hanno negato l’esistenza di una lista di oggetti sequestrati ai migranti durante le operazioni di respingimento, mentre alcuni rappresentanti della Marina Militare hanno riferito alla delegazione che questa lista era stata compilata. Ancora, gli esponenti del Cpt hanno appreso durante la loro visita dalla stampa e non dalle autorità che il 28-29 luglio c’era un altro respingimento in corso. Accoglienza poco amichevole a parte, le conclusioni della visita sono nette.

“La politica dell’Italia di intercettare migranti in mare e obbligarli a ritornare in Libia – notano i membri del Cpt – viola il principio del ‘non refoulement’ (non respingimento), che forma parte degli obblighi dell’Italia secondo l’articolo 3 della Convenzione europea per i diritti umani”.

E l’Italia, prosegue il Cpt, è tenuta a rispettare il principio ovunque essa eserciti la sua giurisdizione, anche sulle navi di Marina e Guardia di Finanza che operano al di fuori del territorio nazionale. Una posizione analoga a quella della procura di Siracusa che giovedì scorso ha disposto il giudizio per concorso in violenza privata del direttore della direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle Frontiere del ministero dell’Interno, Rodolfo Ronconi e del generale della guardia di finanza Vincenzo Carrarini.

Inoltre, prosegue il Comitato, a tutte le persone che rientrano nella giurisdizione italiana dovrebbe essere concessa l’ opportunità di cercare protezione internazionale. Cosa, si sostiene, che non è avvenuta in occasione dei respingimenti verso la Libia a partire dal maggio 2009. La Libia, poi non può essere considerata per il Comitato -secondo quanto si apprende – “un Paese sicuro in termini di diritti umani e legge sui rifugiati; la situazione di persone arrestate e detenute in Libia, inclusa quella di migranti, indica che i respinti sono a rischio maltrattamenti”.

Non basta. Sembra infatti che le autorità italiane, abbiano consapevolmente respinto persone “particolarmente vulnerabili” (come donne incinte e minori) e anche migranti che avrebbero potuto vedersi riconosciuto il loro status di rifugiati. Da parte sua il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, ha sempre sostenuto – l’ultima volta dopo le accuse della procura di Siracusa – che i respingimenti sono sempre avvenuti nel rispetto delle norme internazionali.

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