ROMA – Un esercito che marci sotto le insegne degli Stati Uniti d’Europa? Al momento non è nemmeno pensabile, ma una maggiore integrazione e razionalizzazione delle spese sì. Attualmente Francia, Inghilterra, Italia e Germania tutti insieme spendono per il personale militare il 25 per cento in più degli stessi Stati Uniti. E’ un confronto impietoso, visti i rapporti di forza: ma se non unificare, perlomeno gestire in comune le politiche di difesa non è più rinviabile. Per due motivi: economico in primis e strategico, dal momento che gli Usa Obama guardano a Ovest, verso la Cina e il Pacifico, ridimensionando la presenza oltre Atlantico.
Mario Monti si farà promotore presso Obama di un’iniziativa volta a favorire l’integrazione finanziaria e militare. Ha partecipato nei giorni scorsi a un importante Conferenza sulla Sicurezza Monaco di Baviera a cui erano anni che un primo ministro italiano non partecipava. Ha steso un’agenda preparatoria insieme a Hillary Clinton in vista dell’incontro con Obama. Monti ha un mandato europeo per affrontare la questione difesa. Per ora l’embrione di un discorso di integrazione è rappresentato dall’ “Operation centre” di Bruxelles, micronucleo di politica di difesa e sicurezza europea per ora limitato alle operazioni in Corno d’Africa, fortemente voluto da Italia e Germania. Italia che ha funzionato da cuscinetto per superare le frizioni franco-tedesche, e che pone quindi il nostro paese al centro del tentativo di perseguire l’unificazione della politica di difesa, dopo quella economica.
Il programma è molto ambizioso, troppe sono le resistenze di ordine strategico, organizzativo e culturale soprattutto in considerazione dell’eterogeneità identitaria all’interno dell’Unione. Immaginare un esercito comune in cui si parlino 25 lingue diverse è un po’ avveniristico, parliamo di paesi che si sono fatti due guerre mondiali meno di cento anni fa. Altro ostacolo enorme, immediato è rappresentato dalla Gran Bretagna che teme che il nuovo coordinamento immaginato possa costituire un doppione inutile della Nato, nella quale conta più degli altri paesi europei, forte della “special relationship” con gli Stati Uniti. Tuttavia, come in altre situazioni critiche, un occhio ai bilanci può indurre a significativi cambiamenti: i risparmi ottenuti sarebbero ingenti, nessuno può ragionevolmente far finta che non esistano. Senza contare l’aumento di prestigio e solidità dell’Europa sullo scacchiere internazionale ed evitare le fughe in avanti, i ritiri in ordine sparso, la mancanza di comunicazione tra alleati, come visto nelle crisi internazionali recenti, dall’Afghanistan alla Libia.
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