Eurocasta: da 40 a 190 mila euro ai parlamentari Ue per “reinserimento lavorativo”

Eurocasta: da 40 a 190 mila euro ai parlamentari Ue per "reinserimento lavorativo"
Parlamento Europeo (Foto LaPresse)

BRUXELLES – Anche l’Unione Europea ha la sua “eurocasta”: i fortunati europarlamentari che non vengono rieletti o non si ricandidano alle elezioni ricevono una  generosissima buonuscita prima di salutare per sempre Strasburgo e Bruxelles.

La cifra può raggiungere  i 190 mila euro per quelli che hanno lavorato a lungo nell’assemblea, ma è sufficiente un periodo di appena dodici mesi per ricevere una buonuscita di quasi 40 mila euro. Questo beneficio si aggiunge ai vari rimborsi e al doppio vitalizio di cui godono i nostri rappresentanti. Sono i numeri che vengono fuori da un’inchiesta di Alessio Schiesari sul Fatto Quotidiano.

Il costo totale dell’Europarlamento è di 1,756 miliardi all’anno, un quinto di tutte le spese amministrative dell’Unione Europea. Un miliardo e 756 milioni: non ditelo agli euroscettici.

Tornando alla buonuscita, tecnicamente è un”“indennità transitoria”, che gli uffici dell’Ue preferiscono definire “incentivo al reinserimento lavorativo“.  Il principio che la regola non differisce molto da un normale trattamento di fine rapporto se non fosse per due sostanziali differenze. Primo, l’indennità transitoria non viene accumulata attraverso accantonamenti di stipendio, ma è finanziata totalmente con i soldi della Comunità. Secondo, rispetto a un normale tfr è molto più generosa.

Tra i 73 eurodeputati italiani l’unica che potrebbe intascare il massimo della cifra è Cristiana Muscardini, attiva a Strasburgo dal 1989, quando venne eletta come rappresentante del Msi. Secondo in questa speciale classifica è Ciriaco De Mita, che dopo vent’anni di carriera dovrebbe percepire una buonuscita di 159 mila euro. Quella del leghista Mario Borghezio si aggira invece intorno ai 103 mila euro.

Cifre più basse sono previste per i quattro parlamentari europei con passaporto italiano che hanno messo piede per la prima volta a Strasburgo nel 2013: Fabrizio Bertot (Fi), Franco Bonanini (ex Pd), Susy De Martini (Fi) e Franco Frigo (Pd). Qualora non venissero rieletti, riceverebbero un bonifico d’addio dell’importo di 39 mila euro ciascuno.

Quella dell’ indennità è solo una delle tante spese che fanno lievitare i costi dell’Europarlamento, che come abbiamo visto è di 1,756 miliardi annui. Di questi, il 27 per cento serve per finanziare tutte le spese connesse ai 765 europarlamentari tra stipendi, rimborsi spese, assistenti, uffici di rappresentanza. Ogni parlamentare costa perciò al contribuente 2 milioni 295 mila euro l’anno.

Non sono solo i privilegi degli europarlamentari a far gonfiare le spese comunitarie; aggrava il bilancio dell’Assemblea anche il fatto di avere una sede tripla divisa tra Bruxelles, Lussemburgo e Strasburgo, sebbene in quest’ultima città non si tenga nessuna seduta per 317 giorni l’anno. E i fedeli alleati di Parigi sono ovviamente gli stessi europarlamentari, che grazie ai continui spostamenti ricevono emolumenti aggiuntivi per 3.300 euro al mese. Il giornalista Mario Giordano, nel suo ultimo libro intitolato “Non vale una lira“, ha calcolato che questa peculiarità dell’assemblea brucia 103 milioni di euro l’anno tra spese di viaggio, di alloggio, mantenimento delle sedi e indennità di missione.

Non dobbiamo dimenticare inoltre i costi del doppio vitalizio di cui godono ben 1.113 beneficiari, perché fino al 2009 ogni eurodeputato poteva richiedere una sorta di pensione integrativa, che si aggiungeva a quella ricevuta nel Paese di provenienza. L’hanno richiesta il 62 per cento degli europarlamentari italiani, il 35 per cento dei tedeschi, il 28 per cento dei francesi e dell’11 per cento degli olandesi. In principio la lista dei beneficiari era segreta, poi un think thank britannico ne ha diffuso alcuni contenuti da cui è emerso che in Italia la percepiscono Antonio Tajani (attuale Commissario per l’industria), Fausto Bertinotti e Umberto Bossi.

 

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