Più che l’Europa poté Moody’s: paura di nuovi “shock” entro tre mesi

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 12 Dicembre 2011 - 16:37| Aggiornato il 13 Dicembre 2011 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Più che l’Europa poté Moody’s… Era venerdì, tre giorni fa e l’Europa, 26 paesi europei con la sola Gran Bretagna che si chiamava fuori, decideva la “Unione Fiscale”, il “Fiscal Compact” per dirla alla Mario Draghi. Unione fiscale da ratificare a marzo, tra tre mesi. Unione fiscale che impegna i paesi che la sottoscrivono a non avere mai più bilanci in rosso, se non per un modesto 0,5 del Pil. Impegno cioè a non creare altro debito da aggiungere a quello enorme che già i mercati, e non solo loro, considerano a rischio, rischio di non essere “onorato” dai debitori. Unione e impegno corredati da controlli preventivi e sanzioni quasi automatiche per chi sgarra. Sanzioni messe nelle mani della Commissione Europea e non dei singoli governi per renderle credibili e non aleatorie. In più la promessa che, a Unione Fiscale sancita e operante, si stenderà una rete, un “fire wall”, un muro a garanzia del pagamento dei debiti sovrani. Ancora, ed era tre giorni fa, la Bce decideva di consentire alle banche europee di rifinanziarsi con obblighi meno stringenti a a bassi tassi in modo da allentare la crisi di liquidità. Era tre giorni fa e l’Europa comunicava ai mercati di avere, se non la soluzione, almeno un piano d’azione per i prossimi tre mesi.

Tre giorni dopo Moody’s faceva sapere ai mercati che non ci crede e non basta, che ritiene nell’ordine delle cose abbassare la valutazione dei debiti sovrani e dei paesi europei che li emettono. E Moody’s perciò crede siano possibili nei prossimi tre mesi altri “shock”. Così li chiama, “shock” finanziari. E l’agenzia di rating sui mercati ha potuto, almeno al primo giorno utile, più dell’Europa e del suo piano: giù le Borse, giù i titoli bancari, su invece gli spread di tutta Europa, compreso quello italiano risalito verso quota 470. Si fidano i mercati più di Moody’s che dell’Europa? In realtà i mercati non si fidano di nulla e nessuno e questo è il problema. Ma Moody’s basta e avanza pure a mettere ai mercati paura.

Non una buona notizia, tanto meno un trend rassicurante per l’Italia che nei prossimi tre mesi è sola di fronte alla necessità di reperire sui mercati circa 200 miliardi. Non una buona giornata per il governo Monti alla vigilia di un voto di fiducia sel decreto Salva Italia che le Camere concederanno ma tentano ancora di mercanteggiare. Giornata cui si è aggiunto, e non è poco, uno sciopero contro il governo indetto da tutti i sindacati. Non uno sciopero oceanico nella partecipazione ma di certo uno sciopero acuminato e spigoloso nella “piattaforma” prima ancora che nelle rivendicazioni. Sia Susanna Camusso per la Cgil che Bonanni per la Cisl hanno rivendicato la voglia e il “diritto” dei sindacati di essere “parte” del governo reale del paese e non solo “parte” sociale. Fino a negare, nelle parole della segretaria della Cgil, la piena legittimità del governo Monti. Il mercato si fa mettere paura da Moody’s, i sindacati vogliono non solo sgravi sulla stretta alle pensioni ma anche mettere e tenere una mano sul timone del paese, i parlamentari si sono legati al dito la voglia, per loro inaudita, di mettere le mani nelle loro tasche. Ed è solo lunedì, appena tre giorni dopo il miglior “mezzo piano” di salvezza europea partorito dall’Europa negli ultimi due anni.