Europee 2019, Verdi boom: 69 deputati. Che Verdi sono? Pro Ue, anti sovranisti

di Riccardo Galli
Pubblicato il 28 Maggio 2019 - 09:21 OLTRE 6 MESI FA
Europee 2019, Verdi boom al voto: 69 deputati. Che Verdi sono? Pro Ue, anti sovranisti

Europee 2019, Verdi boom: 69 deputati. Che Verdi sono? Pro Ue, anti sovranisti (foto Ansa)

BRUXELLES – Giovani e fortemente europeisti, secondo partito in Germania e Finlandia, terzo in Francia e Irlanda mentre avanzano in Danimarca, Olanda e Gran Bretagna. Silenzio o quasi dall’Italia. E’ il ritratto dei Verdi, dell’onda green che arriverà a Bruxelles e che è forse la vera sorpresa di queste elezioni europee.

Una sorpresa che non piace ai sovranisti del vecchio continente che già li hanno catalogati tra i loro nemici, forse persino peggiori degli odiati socialisti e popolari. Saranno in 69, ben 17 in più rispetto alla precedente legislatura, gli europarlamentari provenienti dai partiti verdi di tutta Europa con pattuglie nutrite da quella del Nord e uno scarso appoggio invece da quella mediterranea.

Ma distribuzione geografica a parte la crescita dei partiti ambientalisti è la novità probabilmente meno attesa di questa elezione. Era attesa infatti la crescita dei vari sovranismi, da Farage a Salvini passando per Orban e la Le Pen come era preventivato un Europarlamento dove popolari e socialisti, insieme ai liberali, avrebbero avuto la maggioranza. Cosa che effettivamente è accaduta.

Quello che non ci si aspettava era invece la crescita dei verdi, quarto gruppo nel nuovo Europarlamento, che ora si propongono come ago della bilancia, anche se difficilmente saranno decisivi per la creazione di una maggioranza. Dato che però non ridimensiona né la loro vittoria né il loro peso nel nuovo Parlamento Europeo. E dimostrazione ne è l’antipatia subito suscitata nei sovranisti, con i tedeschi dell’AFD che li hanno bollati come il nemico numero 1.

Ma chi sono questi verdi, perché non piacciano ai sovranisti e perché in Italia contano come il fatidico 2 di coppe quando regna bastoni? La risposta alla prima domanda contiene, implicitamente, anche quella alla seconda. Gli elettori verdi sono infatti per lo più giovani, fra i 18 e i 24 anni, e soprattutto fortemente europeisti. La sfida ambientale è per definizione quella più globale di tutte, solo con risposte comuni si può infatti cercare di cambiare la rotta in fatto di politiche ambientali mentre risposte locali sono inevitabilmente destinate a non lasciare il segno.

E proprio questo europeismo forte, quasi smaccato, è fumo negli occhi dei sovranisti che per definizione non amano le risposte comuni, preferendo quelle sovrane. Perché invece in Italia i verdi siano destinati a fare non da comprimari ma da accessorio alla politica è una domanda che ha più di una risposta. In primis va considerato che la vena ecologista nei paesi mediterranei, e quindi in Italia, non è mai stata sentita come nel Nord Europa, e la biografia e la cronaca di Greta Thunberg ne sono la dimostrazione pratica.

A questo va poi aggiunta l’endemica natura della sinistra italica che ha fatto dei distinguo un modello di vita. Dalle nostre circoscrizioni elettorali non uscirà infatti un solo eurodeputato verde perché nessun partito che a quella tradizione si richiama o richiamerebbe ha superato la soglia del 4% che vale l’accesso a Bruxelles e Strasburgo. E questo perché si sono presentati divisi mentre, se le forze a tradizione o almeno partecipazione green si fossero presentate unite, quel 4% quasi certamente lo avrebbero superato.