Intanto non è che per “frugali” si intende moderati e sobri nel mangiare. Questa è l’approssimazione della traduzione italiana dall’inglese.
Con l’aggettivo “frugal”, infatti, lo scorso febbraio il Financial Times aveva designato i quattro Paesi – Austria, Danimarca, Olanda e Svezia cui bisogna oggi aggiungere la Finlandia – che rivendicavano come merito e dovere un atteggiamento “parsimonioso” in economia. Abbiamo in Italia conservato “frugali”, e tale resta la definizione.
Prima della pandemia: oggi, a crisi in corso, non si scostano di un centimetro da quella linea opponendosi ad ogni costo a quel Recovery Fund tanto atteso specie in Italia e in Spagna.
I leader “frugali”: destra, sinistra, centro
Alfiere della battaglia che si sta combattendo a Bruxelles è l’olandese Mark Rutte, capo del Vvd, un partito conservatore-liberale europeista (stesso posizionamento a Strasburgo di +Europa, per capirci.
E’ il più esperto (dieci anni al potere): prima della conversione di Angela Merkel, faceva, diciamo così, la parte del “poliziotto cattivo” per imporre l’austerity.
Sebastian Kurz è il primo ministro austriaco, Partito Popolare, conservatore e cristiano stesa famiglia di Forza Italia.
Mette Frederiksen è la prima ministra danese, partito socialdemocratico, come il primo ministro svedese Stefan Löfven.
E come Sanna Marin, la premier della Finlandia che, anche se un po’ defilata, si è aggiunta al quartetto “frugale”.
Cosa vogliono: stare uniti per contare
Vada come vada – l’Europa non può non giungere a un compromesso sugli aiuti senza mettere a rischio la sua stessa sopravvivenza – il gruppo dei “frugali” non scomparirà con la fine della difficile trattativa.
Soffrono la loro condizione di membri piccoli, con scarso peso politico.
Uniti ottengono più forza contrattuale, ora che la Germania sembra guardare con più favore a Sud (Italia, Spagna, Portogallo) e ha stretto un patto di ferro con la Francia di Emmanuel Macron.
Spendono 500 ottengono 5mila (noi 2mila)
La posizione di questi Paesi – solidi finanziariamente, dinamici nella produzione di ricchezza – non nasconde pregiudizi etici nei confronti degli amici scapestrati del Sud.
Non capiscono come mai non riusciamo, alle nostre latitudini, a far fruttare gli indiscutibili vantaggi dell’integrazione europea.
Loro spendono 500 euro per abitante – segnala una scheda dedicata sul sito del Corriere della Sera -, ottengono benefici per 5mila euro, gran parte della ricchezza dipende dagli scambi con la Ue.
Noi, per dire dell’impietoso confronto, spendiamo poco di più e otteniamo 2mila euro. Vogliono controllare che i soldi delle tasse dei rispettivi contribuenti non vadano ad alimentare il pozzo nero del debito pubblico. (fonte Corriere della Sera)