Gran Bretagna, legge elettorale: le tre ipotesi di riforma

Gli ultraconservatori non vogliono modifiche, i Labour puntano al voto alternativo secco, i lib-dem vorrebbero mediare per un metodo alternativo. La legge elettorale britannica è al centro di un tiro e molla tra le tre principali formazioni politiche, soprattutto dell’intesa ormai praticamente fatta tra conservatori e lib-dem.

I laburisti di Gordon Brown, seguiti a ruota dagli uomini di Nick Clegg, sono i primi a spingere per una riforma. I Tory guidati da David Cameron, invece, vogliono restare ancorati al tradizionale uninominale secco.

Il voto alternativo (Anv), sostenuto dal New Labour, prevede che i candidati vengano elencati dagli elettori in ordine di preferenza: chi supera il 50% dei consensi vince. Se nessuno dei candidati dovesse superare la fatidica soglia, si passerebbe all’eliminazione dell’ultimo arrivato con relativa redistribuzione dei voti tra i candidati rimasti.

Il procedimento si ripete sino a che un candidato non raggiunge la maggioranza assoluta nel seggio. Il trasferimento di voto singolo (Stv) è invece il metodo preferito dai Lib-Dem. I singoli collegi verrebbero allargati e trasformati in ‘distretti elettorali’ in modo da includere diversi aspiranti deputati.

I candidati, in questo caso, dovrebbero raggiungere una certa percentuale di sostegni piuttosto che la maggioranza assoluta. Come nel sistema di voto alternativo i candidati dovranno essere elencati dagli elettori in ordine di preferenza.

L’alternativo ‘corretto’ rappresenta invece una soluzione di compromesso. In questo scenario la maggioranza dei deputati verrebbe eletta con l’alternativo ‘secco’ mentre la quota restante andrebbe decisa con un sistema ‘integrativo’. Gli elettori avrebbero infatti a disposizione due voti: uno per eleggere un candidato nel tradizionale collegio uninominale e uno per scegliere la percentuale di deputati calcolata su base distrettuale.

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