ROMA – L’ultimo sondaggio attribuisce a Boris Johnson un record di consensi nazionali del 43% ai Tory. Ma con un bottino di deputati in calo a quota 339 su 650, contro 359 di due settimane fa. Il Labour è dato in recupero dal 32 al 34% e da 211 a 231 seggi.
Gli scenari
Maggioranza assoluta di seggi al partito conservatore di Boris Johnson; maggioranza a sorpresa per il fronte dei partiti favorevoli a un secondo referendum sulla Brexit capeggiato dal Labour di Jeremy Corbyn; o stallo: sono tre gli scenari possibili, sondaggi alla mano, dell’esito delle elezioni britanniche di oggi. In ordine di probabilità.
La vittoria di Boris Johnson
E’ l’ipotesi indicata in pole position da tutte o quasi tutte le indagini demoscopiche. La più accreditata, condotta collegio per collegio su un campione vastissimo d’intervistati dal tandem YouGov-Mrp, unico ad aver azzeccato nel 2017 il risultato giusto di un Parlamento senza controllo (hung Parliament), attribuisce questa volta nella versione aggiornata a ieri un record di consensi nazionali del 43% ai Tory, ma con un bottino di deputati in calo a quota 339 su 650, contro 359 di due settimane fa.
E col Labour in recupero dal 32 al 34% e da 211 a 231 seggi. Lo scarto rispetto alla maggioranza assoluta dell’assemblea passerebbe così da più 68 a più 28: largamente bastevole a Johnson per restare al governo e attuare finalmente la promessa della Brexit, 3 anni e mezzo dopo il referendum del 2016, alla nuova scadenza del 31 gennaio; ma non al riparo da rischi in caso di sorprese marginali alle urne.
La sconfitta di BoJo
Potrebbe prendere corpo laddove il sondaggio si rivelasse sbagliato anche di poco; sarebbe sufficiente la sconfitta Tory in 18 collegi vinti nel 2017 con margini risicati, ma servirebbe anche un’ulteriore avanzata parallela rispetto alle stime attuali della somma dei seggi delle forze decise ad appoggiare un referendum bis: che Corbyn s’è impegnato a tenere entro 6 mesi dal voto dopo aver negoziato un’intesa di divorzio molto più soft con Bruxelles, da sottoporre poi al popolo in alternativa all’opzione Remain.
Si tratta di un fronte di cui, con il Labour, dovrebbero far parte i secessionisti scozzesi dell’Snp di Nicola Sturgeon (dati ora a 41 seggi), i liberaldemocratici di Jo Swinson (ora a 15), gli indipendentisti gallesi di Plaid Cymru (4) e i Verdi (1). La soglia magica minima da raggiungere è 322, considerando che dal quorum di 650 dell’intera Camera dei Comuni andranno esclusi lo speaker e i deputati repubblicani nordirlandesi dello Sinn Fein (7 secondo i pronostici) che si fanno eleggere per non cedere i loro collegi ad altri, ma boicottano per principio Westminster.
Il pareggio
C’è infine una terza possibilità. Che a 322 non arrivino né i conservatori di Johnson, né il cartello dei partiti pro referendum bis. E che l’ago della bilancia sia ancora, come già nel 2017, il gruppo della destra unionista nordirlandese del Dup (8-10 deputati stando alle stime). Una formazione naturalmente alleata della parrocchia Tory e che in teoria sventola la bandiera della Brexit. Ma che si oppone senza se e senza ma all’accordo sull’uscita raggiunto da BoJo con Bruxelles, a causa della frontiera doganale interna che rischia di creare fra Irlanda del Nord e resto del Regno. Dilemma che, in caso di stallo parlamentare, potrebbe ancora sulla carta sfociare in una Brexit no deal di default a fine gennaio. (fonte Ansa)