Imu alla Chiesa, dalla Ue probabile ok: “Non sono aiuti di Stato”

Pubblicato il 17 Dicembre 2012 - 19:41 OLTRE 6 MESI FA
Il commissario Ue alla concorrenza, Joaquin Almunia (Foto Lapresse)

BRUXELLES – L’Imu sui beni della Chiesa non è un aiuto di Stato. Recuperare le imposte pregresse, però, è impossibile. Secondo quanto riporta l’agenzia Ansa sarà questa la “sentenza” che uscirà dalla Commissione europea che ha avviato una procedura di infrazione contro l’Italia proprio sull’imposta sugli immobili della Chiesa con fini commerciali.

In sostanza l’Unione europea si avvierebbe a riconoscere che le modifiche introdotte al regime di applicazione dell‘Imu sui beni ecclesiastici hanno reso il sistema impositivo compatibile con le norme europee che vietano gli aiuti di Stato.

Allo stesso tempo, però, sancisce l’esistenza di una violazione della normativa Ue per quanto riguarda il passato, in particolare a partire dal 2006, quando fu introdotto un’esenzione generalizzata dal pagamento dell’Ici in favore dei beni della Chiesa, anche quelli manifestamente utilizzati a fini commerciali. Un’esenzione fiscale classificata ora come un aiuto di Stato illecito.

Normalmente, secondo le procedure comunitarie, lo Stato dovrebbe procedere al recupero di questo genere di aiuti. Ma dopo una valutazione da parte della Commissione alla Concorrenza che fa capo a Joaquin Almunia, si è arrivati alla conclusione che l’operazione non sarebbe realisticamente praticabile e che comunque i costi sarebbero di gran lunga superiori ai benefici. Meglio metterci una pietra sopra. Anche perché risulta difficile immaginare come si potrebbero recuperare i mancati versamenti da una platea di beneficiari che, secondo stime non ufficiali, potrebbe essere formata da circa 200 mila soggetti.

Con la decisione in calendario per mercoledì 19 dicembre la Commissione punta a scrivere la parola fine a un lungo, complesso e delicato contenzioso tra Roma e Bruxelles apertosi nel 2007 e già sfuggito una volta a un tentativo di archiviazione nel 2010 in seguito alle denunce presentate dal deputato radicale Maurizio Turco e dal fiscalista Carlo Pontesilli.