Irlanda: a Dublino scende in piazza la rabbia contro l’austerità

Un'immagine della manifestazione di Dublino

Nessuna violenza, ma tanta rabbia: oltre 50 mila persone (ma c’è chi parla di 100 mila, numeri comunque enormi per gli standard locali) hanno sfilato oggi 27 novembre per le strade di Dublino per dire un secco No alla manovra di tagli alla spesa pubblica e nuove tasse del premier Brian Cowen, che secondo i sindacati della confederazione Ictu che hanno convocato la dimostrazione, colpisce solo i lavoratori e i cittadini più deboli, e ha il solo scopo di proteggere banchieri e industriali.

Dietro lo slogan ”C’è un modo migliore e più giusto” famiglie con bambini, organizzazioni sindacali, pensionati, studenti, gruppi della sinistra e ultranazionalisti hanno sfidato il freddo e la neve caduta durante la notte per darsi appuntamento a Wood quays, lungo il fiume Liffey, per poi marciare sul General post Office, lo storico edificio di O’Connell street dove nel 1916 la repubblica dichiarò la sua indipendenza dal Regno unito. Con un obiettivo comune: far modificare il maxipacchetto di austerita” da 15 miliardi di euro in quattro anni, composto da tagli pesanti alla spesa pubblica e nuove imposte, e ‘licenziare’ il governo che lo ha ideato, con il fine di ricevere gli 85 miliardi di aiuti da Ue e Fmi.

”Qui non ci sono solo iscritti ai sindacati – dice Eamon, impiegato, mentre cammina lungo il fiume – c’è anche gente comune che vuol far sentire la propria voce e dire che il governo deve andare a casa, ad ogni costo, anche se questo significa non far passare del tutto la manovra economica. Qui c’è gente che la pensa diversamente da me in politica, ma i nemici dei miei nemici oggi sono i miei amici”.

”Forse non cambierà nulla – spiega invece Morris, con sua figlia in braccio – ma dobbiamo far sapere che non siamo numeri, non siamo sudditi, siamo cittadini di uno stato democratico, e ci devono ascoltare”. Tanti gli slogan, molti i cartelli che chiedono, dopo questa prova di forza, un vero sciopero generale. Le parole che ricorrono di più sono ”angry” (arrabbiati) e ”unfair” (ingiusto).

La polizia vigila con grande discrezione, nelle strade laterali al percorso del coloratissimo corteo, aperto dalla banda di cornamuse dei lavoratori del settore carcerario, con il loro kilt verde scuro. Nessun incidente degno di nota, alla fine, molti slogan rabbiosi, ma anche tanti sorrisi, e i fischietti assordanti disturbati dai sindacati. Al palco di fronte al General Post Office prende la parola in veste di presentatore il giornalista dell’Irish Times e scrittore Finton O’Toole che attacca la manovra dicendo che questa serve solo ”a pagare i debiti di gioco dei nostri padroni… Vogliono distruggere la nostra società, condannarla al declino e a una massiccia emigrazione. E tutto per varare un piano che serve solo a salvare l’elite di questo paese. Se così sarà allora togliamo dal nostro calendario le date del 1913 (quando il sindacalista Jim Larkin, che in quell’anno guidò la più grande mobilitazione della storia irlandese contro i datori di lavoro per il diritto a essere iscritti al sindacato, e la cui statua sorge davanti al General Post Office) e del 1916, anno dell’indipendenza. Perché avremo tradito quei valori democratici”.

Il segretario generale dell’Ictu David Begg ha detto che nessuno puo” pensare che il paese possa pagare un interesse del 6,7% per soldi che il paese non vuole, ma che servono a salvare le banche. Sul palco anche le cantanti Christy Moore e Frances Black. Jack O’Cinnor, leader del sindacato Siptu ha detto che tutti sono venuti alla manifestazione con un obiettivo: far capire che la gente ha il diritto di decidere il futuro dell’Irlanda. Una rivendicazione d’orgoglio, che fa dire a molti oratori: attenti, la nostra sovranita’ conquistata a caro prezzo e’ oggi piu’ a rischio che mai.

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