Kaili Eva, la parlamentare europea e vice presidente del Parlamento europeo, ed Antonio Panzeri l’ex parlamentare europeo ed ex sindacalista. Entrambi provenienti e militanti ed esponenti della sinistra, l’una in Grecia, l’altro in Italia. Due generazioni diverse ma imprinting progressista nell’uno e altro caso. E di certo colpisce, incuriosisce perfino, come nessuno abbia trovato a suo tempo per così dire incongruo che due progressisti spendessero pubbliche e buone parole per il “riformismo” sociale di quella nota socialdemocrazia in fieri che è l’emirato del Qatar.
Sic transit sinistra
Colpisce meno, anche se è oggetto di comprensibile campagna da parte della destra, che sic transit…sinistra. La diversità etico-antropologica del ceto politico della sinistra rispetto a quello di molte destre europee non è che non vi sia mai stata. C’era. Non rubavano, non intrallazzavano. O almeno questa era la regola che la quasi totalità del ceto politico di sinistra rispettava. Vero è che questo avveniva quando tutta la politica, anche quella di destra e di centro, rispondeva ai canoni della sobrietà e rispettabilità. A destra e al centro c’erano, diciamo, più frequenti eccezioni. Ma una qualche diversità tra sinistra e il resto c’era. Se non etico-antropologica, statistica di sicuro.
La “questione morale” se non era nei geni del dna politica era però nei comportamenti reali. Peggio del peggio la sinistra, il suo ceto politico, questa diversità l’ha dispersa. Dissipata. Fino a far sì che la corruzione, la flagranza di corruzione che tocca a parlamentari, ex parlamentari e collaboratori parlamentari ed esponenti sindacali e tutti democratici e di sinistra non appaia più come un mondo rovesciato, al contrario appaia come le coordinate di un modo maledettamente piatto e uniforme. Eppure in questa storia c’è qualcosa di oltre, di più, di stupefacente.
I sacchi di banconote
Dove hanno perquisito, nelle case degli arrestati o fermati, le forze di polizia hanno trovato banconote. A pacchi, a sacchi di banconote. Valigie di banconote. Tante e tali banconote, soldi a sacchi e pacchi che hanno impedito a Eva Kaili di ripararsi dietro l’immunità parlamentare. La flagranza di reato era lì, massiccia, monumentale. Non una fragranza di corruzione, non un vago odore ma una evidenza di corruzione capace di riempire tutti i sensi: la vista, il tatto, l’olfatto. Tanfo di sacchi di banconote.
Interrogativo antropologico
Il che, i sacchi di banconote, pone interrogativo antropologico: che mente e persona sono queste che svolgendo pubblica e politica attività, organizzando Ong contro la discriminazione, presiedendo istituzioni, girando per convegni contemporaneamente si tengono a casa banconote a sacchi, centinaia di migliaia di euro di banconote frutto certo non di stipendi o pensioni? Usare, farsi scudo, anzi farsi ingannevole lasciapassare del proprio passato progressista e di sinistra e fin qui appartiene alla comprensibile natura umana. Appartiene alla natura umana ingannare, mentire, tradire.
Come ancora è comprensibile lasciarsi affascinare e possedere dai frutti della corruzione: il denaro che avvolge e coccola la vita, la casa, la famiglia, le abitudini. Il denaro che diventa dipendenza. Appartiene alla natura umana farsi compare e magari raccontare a se stessi che si sta solo cogliendo occasioni, che è tutto sotto controllo. Appartiene alla natura umana illudersi della propria conseguita onnipotenza e intoccabilità. Ma che mente e persona sono queste che si mettono e tengono i sacchi di banconote dentro casa è al limite della comprensibilità. Se non ricorrendo ad una sorta di feticismo della banconota, adorazione della mazzetta, transustanziazione di se stesso nel pacco di soldi.