Mario Draghi sotto attacco dai tedeschi nel direttivo Bce a Francoforte

Mario Draghi sotto attacco dai tedeschi nel direttivo Bce a Francoforte
Mario Draghi sotto attacco dai tedeschi nel direttivo Bce a Francoforte

ROMA – Il Consiglio direttivo della Bce si è riunito a Francoforte, presieduto da Mario Draghi. Doveva essere, ha scritto Domenico Conti dell’agenzia di stampa Ansa, una riunione relativamente tranquilla, fra le basse aspettative per nuove misure da parte della Bce e l’occasione, per il presidente Mario Draghi, per festeggiare i tre anni dall’incarico ai vertici dell’Eurotower e il lancio della vigilanza sulle 120 grandi banche europee. Eppure il consiglio direttivo, è stato preceduto dalla cena dei governatori delle banche centrali nazionali europee di mercoledì sera, rischia di essere un appuntamento spinoso.

C’è la spaccatura crescente con la Bundesbank, resa evidente dall’opposizione del suo presidente, Jens Weidmann, alle misure annunciate a giugno: tassi sui depositi negativi, prestiti alle banche che prestano alle pmi, acquisti di obbligazioni garantite e prestiti cartolarizzati.

La spaccatura, nonostante i tentativi di ricomposizione e l’intervento della cancelliera Angela Merkel a sostegno di Draghi, rischia di ampliarsi se la Bce dovesse intraprendere nuove, più incisive misure per espandere il proprio bilancio.

A settembre, Mario Draghi aveva anticipato che la Bce intende espandere il proprio bilancio di circa 1.000 miliardi di euro. Il consiglio Bce (sempre secondo indiscrezioni) aveva concordato di non esplicitare pubblicamente una cifra, per non mettere la Bce all’angolo con i mercati che puntano sul ‘quantitative easing’, l’acquisto massiccio di titoli, in gran parte obbligazioni governative, cui i tedeschi si oppongono strenuamente.

L’inflazione dell’Eurozona a ottobre è risalita di un decimale allo 0,4% e ci si attende un recupero graduale nel 2015. Ma le nuove stime della Commissione Ue danno un 0,8% nel 2015 e 1,5% nel 2016, inferiori all’obiettivo della Bce (vicino ma inferiore al 2%) e con rischi al ribasso, con la Spagna in deflazione e l’Italia a inflazione zero e in recessione.

Inoltre c’è la scelta della Bank of Japan di spingere ulteriormente l’acceleratore sul quantitative easing, con un’espansione degli acquisti di azioni e titoli pubblici a livelli senza precedenti”.

Su Repubblica, Federico Fubini presenta la riunione della Bce partendo dalla Turingia, regione della Germania, dove

“all’inizio del mese di novembre è stata varcata una soglia che nessuno all’avvento dell’euro aveva immaginato. Deutsche Skatbank, un piccolo istituto della Turingia, è diventato il primo in zona euro a praticare con i propri clienti al dettaglio ciò che da tre mesi la Banca centrale europea fa con le banche commerciali: tassa i loro depositi. Chiunque abbia un conto presso Skatbank di oltre mezzo milione di euro dovrà pagare ogni anno lo 0,25% a Skatbank stessa.

Il rendimento del denaro, se tenuto inerte, sta diventando negativo in termini nominali. Non poteva esserci espressione più dura della deflazione che incombe sull’Europa e di come la Bce rischi di trovarsi in un vicolo cieco nel suo tentativo di arrestarla. Le vie ortodosse come il taglio dei tassi sono esaurite sul limite dello zero, quelle non troppo anti-convenzionali come gli interessi negativi sui depositi non sono più percorribili oltre. All’Eurotower non resta che espandere la dimensione del bilancio, cioè creare moneta e immetterla nell’economia comprando titoli sul mercato.
È su questo punto che a Francoforte si sta consumando il conflitto più violento della storia della Bce. Non che sia il primo, anzi quello in corso ne ripete in parte altri del passato recente. La svolta del 2011 che spinse Mario Draghi verso la presidenza ricorda per esempio, in parte, ciò che sta accadendo in queste ore. Ieri sera la minoranza di dissidenti nell’Eurotower, secondo Reuters , si sarebbe preparata per esprimere in consiglio direttivo il malumore per il modo poco consensuale in cui Draghi guida la banca. C’è un parallelo dal passato: quasi quattro anni fa, nel febbraio del 2011, Axel Weber fece sapere che si dimetteva dalla presidenza della Bundesbank. «Ragioni personali», disse. In realtà aveva perso un confronto aperto in Bce sugli acquisti di titoli di Stato e non intendeva restare in minoranza, mentre l’istituzione andava in direzione opposta alla sua”.
Intanto, riferisce Federico Fubini, sono partiti gli attacchi non solo alla linea della Bce, ma al suo presidente italiano:

“Non si attaccano più le scelte, ma la reputazione della persona. Su questo sfondo il consiglio direttivo darà senz’altro uno spunto su cui misurare i rapporti di forza. La minoranza raccolta attorno a Jens Weidmann, presidente della Bundesbank, conta banchieri centrali con passaporto tedesco, lussemburghese, olandese, estone e lettone. Tutti si oppongono all’idea, formulata in pubblico da Draghi, che il bilancio della Bce debba crescere dai circa duemila miliardi di euro di oggi fino ad almeno 2.700 miliardi. La minoranza sostiene che Draghi abbia indicato questo obiettivo senza concordarlo prima con nessuno. La posta in gioco è evidente: per creare circa 700 miliardi di nuova moneta, prima o poi può diventare necessario comprare titoli di Stato”.

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