BRUXELLES – La Germania attacca Schengen sui migranti: l’Unione europea, sostiene Berlino, non ha un efficace sistema di controllo delle frontiere esterne, in particolare tra Grecia e Turchia, e il sistema del ricollocamento dei richiedenti asilo “non sta funzionando”. E fino a quando questo non sarà fatto, gli Stati andranno avanti da soli. L’avvertimento arriva dal segretario di Stato agli Affari interni tedesco Ole Schroeder.
Al termine della riunione di urgenza convocata dal commissario europeo all’immigrazione Dimitris Avramopoulos con i rappresentanti dei governi di Germania, Danimarca e Svezia, il rappresentante tedesco è stato il più duro nei confronti della politica europea in tema di immigrazione.
Come ha sottolineato, meno drasticamente, Avramopoulos,
“siamo d’accordo sul fatto che Schengen e il libero movimento debbano essere salvaguardati, sia per i cittadini, sia per l’economia. Misure eccezionali sono state prese e abbiamo concordato di mantenerle al minimo necessario, per tornare alla normalità il prima possibile. Ma per arrivarci occorre un rallentamento degli arrivi e la messa in pratica delle soluzioni a 28″. Compreso il ricollocamento.
Secondo gli ultimi dati, solo 272 rifugiati sono stati ricollocati dall’Italia (190) e dalla Grecia (82) su un totale di 160mila previsto dal piano di Bruxelles.
Nel mirino dei tedeschi (ma non solo loro) c’è anche il sistema Eurodac (European Dactyloscopie, Dattiloscopia europea), ovvero il database europeo delle impronte digitali di tutti coloro che richiedono asilo politico e di coloro che sono entrati clandestinamente nel territorio dell’Unione europea.
Se la Svezia solo negli ultimi quattro mesi ha dovuto aprire le porte a 115mila richiedenti asilo, in tutto il 2015 in Germania le richieste di asilo sono state un milione e centomila. Una cifra che il governo è determinato a ridurre quest’anno. Eppure, nonostante a settembre Berlino abbia reintrodotto i controlli ai confini, la media degli arrivi dei profughi è di “3.200 al giorno e non tende a diminuire”.
Così mentre da Bruxelles si predica l’importanza di Schengen sono ormai sei i Paesi che hanno sospeso le regole della convenzione sulla libera circolazione delle persone: la Norvegia (che non fa parte dell’Ue), la Svezia, la Danimarca, l’Austria, la Germania, e la Francia, dopo gli attentati terroristici del 13 novembre.