ROMA – Nomine Ue: Italia rischia il cappotto: “Scompariamo da vertici nelle Commissioni”. La partita delle nomine che contano in Europa sarà, a meno di sorprese, risolta il 16 luglio con l’indicazione da parte dei 28 premier delle poltrone più importanti: tra il nuovo presidente del Consiglio europeo, quello dell’Eurogruppo e il nuovo ministro degli Esteri l’Italia concorre per un posto (Renzi ha candidato Federica Mogherini, il ministro degli Esteri italiano, per la promozione a Bruxelles). Ma le ambizioni italiane si fermano qui.
E non è un bel segnale (anche se prevedibile dopo anni di gestione “tecnica”) perché in discussione ci sono altre rilevanti posizioni, specificatamente le direzioni generali delle varie commissioni, il luogo dove si prendono decisioni che impegnano l’Unione in senso operativo (raccomandazioni, decisioni legislative o regolamentari giuridicamente vincolanti). Posizioni “che non danno lustro ma potere vero” suggerisce un euro-diplomatico esperto al Sole 24 Ore che spiega la portata del ritardo e dell’esclusione italiani.
Ancora due anni fa avevamo sette direttori generali in commissione, cioè i posti che contano: grossomodo stessa quantità, e, soprattutto qualità simile a quella degli altri grandi Paesi, Germania, Francia, Gran Bretagna. Tra pensioni e passaggi ad altri incarichi, oggi siamo scesi a quattro: abbiamo perso le Dg Affari interni, Fondi regionali e Allargamento.
Molto presto però quel numero potrebbe finire dimezzato a due. Marco Buti, che con la Dg Ecfin detiene l’incarico indubbiamente più importante nella congiuntura attuale, potrebbe decidere di optare per l’Ocse a Parigi, visto che la sua poltrona è matura per la rotazione. D’altra parte Marco Benedetti lascerà la Dg Interpretariato per sopravvenuti limiti di età. (Adriana Cerretelli, Il Sole 24 Ore)