BRUXELLES – Il principio della flessibilità è sul tavolo, ma l’accordo tra i 28 leader Ue sulla ricetta per rilanciare crescita, investimenti e occupazione ancora no. La ricerca di un’intesa è rinviata a venerdì 27 giugno: nella notte gli sherpa torneranno al lavoro sulla bozza programmatica presentata dal presidente Ue Herman Van Rompuy per “esplicitare in modo più chiaro” il tema di una maggiore flessibilità rispetto al documento consegnato ai leader.
Tra i promotori dell’incontro c’è stato il premier italiano Matteo Renzi. L’Italia è convinta che ci siano spazi per rendere più evidente il legame tra riforme e flessibilità. La discussione odierna è stata segnata da un momento di tensione tra Renzi e la Merkel: tra i due ci sarebbe stata “una discussione accesa”.
Il premier italiano, a quanto hanno riferito fonti europee, si sarebbe rivolto alla cancelliera tedesca sottolineando che l’Italia non farà come la Germania nel 2003 (quando Berlino sforò il limite del 3% nel rapporto deficit-Pil) perchè rispetterà i patti.
Dopo essersi riuniti in conclave nel municipio di Ypres, dove nel pomeriggio hanno commemorato il centenario della Grande Guerra, i capi di Stato e di governo dell’Unione devono ancora trovare un’intesa complessiva che consenta di sciogliere il nodo che lega la designazione di Jean-Claude Juncker (Ppe) per il posto di presidente della Commissione europea a un programma di lavoro per il prossimo esecutivo comunitario che soddisfi le richieste degli eurosocialisti di Renzi e Hollande.
La richiesta è di andare oltre la formula sul “buon uso” dei margini di flessibilità, specificando come questo principio sarà applicato. Ad esempio: concedendo più tempo per la riduzione del debito, oppure eliminando le spese per investimenti produttivi dal calcolo del deficit o concedendo deroghe all’obbligo di cofinanziare con fondi nazionali i progetti che beneficiano degli aiuti Ue. Renzi su questo è stato chiaro.
“C’è un ok su Juncker – ha detto al termine del pre-vertice socialista – ma solo con un documento che indichi dove vuole andare l’Europa. Come Pse siamo d’accordo su questo, ora vediamo con gli altri”. Poco prima Renzi aveva incitato l’Europa a occuparsi “di più di crescita e occupazione” spostando l’attenzione dalla burocrazia alle famiglie.
Nella sua battaglia, Renzi può contare sul pieno appoggio della Francia e di quello del vicecancelliere tedesco, l’Spd Sigmar Gabriel. Ma è con la Merkel che occorre fare i conti. La quale, pur avendo aperto al concetto di flessibilità, appare restia ad andare oltre. Anche per non prestare il fianco alle critiche che già così le sono arrivate da industriali e politici tedeschi.
Un clima ben rappresentato dal titolo dell’articolo pubblicato oggi dal settimanale ‘Die Zeit’, secondo il quale in Europa è scattata “l’ora dei ricattatori” perché Francia e Italia stanno mettendo la cancelliera “sotto pressione” con l’obiettivo di poter fare più debiti. Ma anche sul fronte delle nomine la partita non è affatto semplice.
Oltre alla candidatura Juncker – che appare comunque ‘blindata’ dal patto stretto tra Ppe e Pse in base al quale Martin Schulz presiederà il Pe – ci sono altre caselle molto importanti da riempire. A cominciare da quella del presidente permanente del Consiglio Europeo. Un fronte sul quale incide negativamente la posizione di ‘guasta feste’ assunta dal premier inglese David Cameron, fermamente deciso a dire ‘no’ all’ex premier lussemburghese perchè ritiene che “non rappresenti il cambiamento”, bensì un errore che l’Europa sta commettendo.
L’opposizione di Cameron a Juncker potrà probabilmente essere superata domani solo con un voto a maggioranza. Ma intanto sembra aver fatto cadere l’ipotesi di candidare al Consiglio la premier danese Helle Thorning-Schmidt, una socialdemocratica liberista gradita al premier inglese, che ha però fatto sapere di non essere interessato a questo genere di ‘compensazioni’.
E mentre i leader socialisti insistono per arrivare entro domani a definire, almeno politicamente, tutto il pacchetto nomine (presidenti di Commissione, Consiglio, Eurogruppo e Mr Pesc), il premier irlandese Enda Kenny ha dato corpo alle voci della vigilia dichiarando di ritenere che “ci sarà un nuovo Consiglio europeo il 17 luglio”, dopo che il Parlamento Ue avrà votato il successore di Barroso, per decidere le altre nomine.