Terremoto e Manovra, Ue boccia flessibilità: “Non si faccia populismo”

Terremoto e Manovra, Ue boccia flessibilità: "Non si faccia populismo"
Terremoto e Manovra, Ue boccia flessibilità: “Non si faccia populismo”

BRUXELLES – A Bruxelles non è piaciuta la lettera di risposta dell’Italia sui rilievi posti dalla Commissione europea in merito alla manovra. I chiarimenti forniti dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan nella sua lettera del 27 ottobre non sono bastati ad eliminare le riserve sulla flessibilità. Non solo, i toni e i contenuti della risposta non sono stati graditi, al punto che delle cinque lettere ricevute a Bruxelles solo quella italiana e quella cipriota sono state poco apprezzate. Ben più costruttive e dialoganti quelle di Portogallo, Finlandia e Belgio. 

Secondo fonti di Bruxelles, la possibilità di investire in prevenzione per la messa in sicurezza degli edifici con misure antisismiche fuori dal Patto di stabilità è già prevista dalla comunicazione sulla flessibilità del 13 gennaio 2015. Quindi, quando si accusa la Commissione Ue di non permettere investimenti antisismici – si afferma nei medesimi ambienti – viene fatto populismo a buon mercato.

E’ fissata intanto per martedì 1 novembre la scadenza ultima per l’eventuale richiesta di revisione del documento programmatico di bilancio da parte della Commissione Ue, nel caso in cui si fosse ravvisato un serio rischio di deviazione degli obiettivi di aggiustamento strutturale. Finora non è mai accaduto e anche in questo caso probabilmente non avverrà. Ma i negoziati proseguono, perché se anche la bocciatura probabilmente non arriverà, questo non significa che il budget vada bene.

In pratica la richiesta di flessibilità dovuta alle spese eccezionali per il terremoto appare giustificata per l’Unione Europea, ma si invita a fare uso degli strumenti già esistenti senza attacchi politici. Dopo aver ricordato che il governo si era impegnato per una riduzione del deficit strutturale dello 0,6% nel 2017, la Commissione nota come gli obiettivi della Finanziaria italiana mostrino invece una deriva del disavanzo strutturale (al netto del ciclo economico e delle una tantum), in aumento dall’1,2% all’1,6%.

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