Il governo tedesco “non ha ancora preso una decisione” sugli aiuti alla Grecia. Lo rivela il ministro degli Esteri tedesco, Guido Westerwelle, esponente di spicco del partito liberale (Fdp). «Questo significa – spiega – che una decisione può andare in qualsiasi direzione. Offrire soldi troppo presto impedirà alla Grecia di fare con diligenza e disciplina i suoi compiti a casa». L’esecutivo della cancelliera Angela Merkel ha più volte manifestato la propria perplessità, sostenendo che gli aiuti ad Atene andrebbero concessi solo se l’euro fosse a rischio. In mattinata l’incontro tra il ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble e i capigruppo parlamentari di tutti i partiti per discutere come procedere con la necessaria legislazione. Forse si deciderà per un vertice straordinario dei leader Ue.
Intanto è salito a nuovi massimi il rischio sul debito della Grecia: i credit-default swap, strumenti finanziari che assicurano contro il rischio di insolvenza, sono balzati di 59,5 punti base al record di 674 punti, in base ai dati Cma Datavision riportati dall’agenzia Bloomberg.
Gli aiuti alla Grecia rischiano di modificare l’approccio dell’Europa alla politica economica: non avrà effetti immediati la riluttanza tedesca alla richiesta di appoggio ai Paesi indebitati, con la minaccia di escluderli dall’area euro, ma, nel medio periodo, la Germania otterrà maggiori controlli e potere su quelle nazioni che non rispettano i vincoli di bilancio. Alle viste si prospetta una revisione in senso restrittivo del Trattato di Maastricht.
I dubbi di Berlino preoccupano anche l’Italia. Il ministro degli Esteri Franco Frattini osserva che anche se «forse un vertice straordinario di leader Ue sarà necessario» per affrontare le perplessità espresse dalla Germania sugli aiuti europei alla Grecia, facendolo, «avremo dato ai cittadini europei l’impressione di avere troppa riluttanza». Preoccupano però le eccessive rigidità mostrate dalla Germania: «Serve un grande passo avanti da ambedue le parti – ha detto Frattini – Da parte della Grecia, perché la tenuta del rigore annunciato e promesso deve essere mantenuta. E da parte dell’Europa» perchè, spiega il ministro degli Esteri «Dobbiamo trovare un equilibrio: da un lato non chiedere l’impossibile alla Grecia, e credo che chiedere misure a medio termine non sia chiedere l’impossibile». Quanto all’Europa, per il titolare della Farnesina non ci sono dubbi: se la casa comune è in difficoltà, “siccome ne facciamo parte dobbiamo salvare le mura”.
L’Europa chiede dunque regole più severe per evitare il sorgere di nuove crisi come quella greca. E si comincia a parlare di una revisione dello stesso Trattato di Maastricht entro l’anno. L’esigenza è di rendere più “restrittivo” il Patto di stabilità del 1992 e dunque i criteri di rigore che già vincolano tra loro i bilanci dei Paesi Ue. Sotto la lente, in particolare, c’è il rapporto tra deficit e debito pubblico. Entro il 2010, la Commissione europea ha intenzione di costituire un’apposita task-force, formata dagli esperti di ciascun Paese, della Ue e della stessa Bce, per studiare nuove regole e maggiori garanzie a chi, come la Germania, chiede più rigore. L’obiettivo, in ultima analisi, è l’obbligo di introdurre un “surplus” per chi ha un superdebito.
Gli europei intendono dotarsi di un meccanismo di risoluzione delle crisi che oggi è inesistente. Non solo. Intendono affidare ad Eurostat, l’organismo statistico della Ue, anche il compito di poter effettuare “audit” veri e diretti per verificare il quadro contabile dei Paesi, così da evitare brutte sorprese come è accaduto nel caso di Atene. Occorre perciò una riforma del patto di Stabilità, in particolare dei due parametri che i Paesi dell’euro sono chiamati a rispettare: quello sul rapporto deficit-Pil che deve essere del 3%: chi sfora, è colpito da una procedura d’infrazione e deve rientrare. Il secondo riguarda il rapporto debito-Pil che deve “tendere” al livello del 60%, con un ritmo adeguato. Ebbene, in questi anni, Eurolandia ha guardato soprattutto al primo dei due parametri, lasciando più in disparte il secondo. Dopo la grave crisi finanziaria e la conseguente dilatazione del debito e anche in seguito al caso di Atene, s’è deciso di dare un peso maggiore a questa “voce” nel breve periodo.
Dunque, più alto è il debito, più basso deve essere il deficit o addirittura ci deve essere un surplus di bilancio. Sul piano più tecnico, l’operazione di risanamento potrebbe passare attraverso un aggiustamento del bilancio primario, al netto degli interessi e del ciclo. La lezione greca dice anche che, per fare piani di austerity credibili, ci vogliono statistiche sicure, non più basate solo su quello che i governi riferiscono. Di qui il rafforzamento di Eurostat. E poiché se i conti saltano, bisogna salvare chi è in difficoltà, meglio se con le sole forze europee, ecco che Eurolandia punta a dotarsi di un meccanismo di gestione delle crisi, capace di affrontare l’emergenza ma anche di riportare il Paese verso la normalità. Intanto dalla Germania si profila l’ipotesi di un “no” alla richiesta di aiuti della Grecia se Atene non metterà in atto, nei prossimi anni, una «decisa politica di rigore».