Ucraina è già in fiamme, bombe e combattimenti nel ricco Donbass che sogna l’autonomia soprattutto economica

Un pezzo di Ucraina è già in fiamme. Bombe e combattimenti infuriano nel Donbass.

È la regione controllata dai separatisti che vorrebbero creare uno Stato autonomo e entrare a far parte della Federazione Russa. Ma questa non è la prima scelta dei ribelli. In realtà puntano ad essere indipendenti da un punto di vista economico.

Il Dunbass è una regione ricca e Putin garantirebbe più autonomia di quanta ne abbiano oggi  restando in Ucraina. Gira e rigira c’è di mezzo sempre una questione economica. Per questo Kiev si oppone alla indipendenza del Dunbass. E fa leva su un esercito regolare.

Con l’alleanza di Stati Uniti e Inghilterra. Il Cremlino arma le milizie filorusse (senza ammetterlo), Washington arma l’esercito ucraino con il supporto del Regno Unito, Canada e dei droni della Turchia. Ma Erdogan ha ottimi rapporti anche con Putin. Lo scenario è più complesso di quanto appaia. Vediamo lo scontro russo-ucraino nei suoi punti chiave.

1) UCRAINA, UN PAESE SULLA GRATICOLA

È dal 2014 che l’Ucraina è tormentata dai ribelli. Con un costo molto alto. Morti 5.700 combattenti e 3.400 civili in otto anni.  Il fronte russo ha registrato 4.150 decessi tra i militari. Cifre inquietanti. E ora ci sono le cosiddette “esercitazioni congiunte” che tengono un popolo sotto schiaffo. E in ansia l’intera Europa. E nella sofferenza le centinaia di famiglie italiane solidali con le loro badanti ucraine (tutto il giorno al telefono con i cari lasciati nell’inferno).

2) RISCHIO SANZIONI

Ma a Putin serve davvero l’invasione (peraltro mai annunciata)? Il rischio sanzioni economiche è elevato e lo zar lo sa perfettamente. E comunque  tira dritto. Di più: per aumentare il polverone ha offerto 10.000 rubli (circa 120 euro) ad ogni evacuato  del Donbass.

Mossa giudicata “cinica e crudele “ dagli USA. E nel mirino dell’Occidente c’è pure Lukashenko, il despota della Bielorussia, al potere da trent’anni, spalla ideale dello Zar nostalgico dell’Impero. I due sono in sintonia su tutti i fronti. Addirittura Minsk si è già offerta di ospitare armi atomiche. Polonia e le altre cancellerie europee ritengono che la crisi sia orchestrata proprio dal padre-padrone bielorusso per combattere una “guerra ibrida”contro l’Unione europea.

3) DIPLOMAZIA AL LAVORO

Resta aperta la via del negoziato diplomatico sulla sicurezza europea. Si sono mossi tutti, si intrecciano le video-chiamate, gli incontri, i faccia a faccia ruvidi con Putin; l’ultimo in agenda a Mosca vede Macron (domenica 20  febbraio ). Ma sono attivi Draghi,Scholz, Boris Johnson, Trudeau, il polacco Duda,  il presidente della Romania Johannis, il segretario generale della Nato Stoltenberg, Ursula von der Leyen con il presidente del Consiglio  il belga delle Fiandre Charles Michel. E nei prossimi giorni si incontreranno il segretario di Stato americano Antony Blinken con il collega russo Serghiei Lavrov. Sempre che non sia troppo tardi.

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