ROMA – Altro che mediazione, diplomazia, toni felpati e tempi lunghi. Parla nella scelta delle persone, deputate a trattare in prima persona a Bruxelles, l’intenzione di Matteo Renzi di non arretrare affatto nell’affondo in Unione europea e di alzare il tiro per pretendere l’ascolto dell’Italia: via l’ambasciatore Stefano Sannino, lodato ancora lunedì da fonti vicine alla presidenza della Commissione ma da tempo non in linea con Roma, arriva il viceministro Carlo Calenda, stimatissimo dal premier e plenipotenziario nelle missioni di sistema per potenziare gli investimenti italiani all’estero.
L’attacco del presidente del Partito popolare europeo, il tedesco Manfred Weber, davanti alla plenaria a Strasburgo, è solo, per i fedelissimi del leader Pd, la conferma dei sospetti: contro l’Italia è in atto un attacco politico del Ppe, guidato dai tedeschi e mirato a mantenere lo status quo di un’Europa a trazione tedesca.
Renzi ripete di non avere alcun problema personale né con Angela Merkel né con Jean-Claude Juncker, considerato espressione delle posizioni tedesche, ma non accetta che la sua linea, mirata a chiedere regole uguali per tutti in Europa e una maggiore flessibilità, venga ridotta ad uno scontro politico tra famiglie europee. A maggior ragione in un momento in cui sull’Europa rischia di abbattersi una tempesta, tra l’ondata migratoria che non ha fine, il rischio Brexit e la paura di una nuova crisi economica mondiale, per i renziani è quantomeno miope ridurre tutto ad uno scontro tra fazioni partitiche.
Cruciale sarà il faccia a faccia, all’ora di pranzo, il 29 gennaio, con la cancelliera tedesca. Ma chi conosce Renzi esclude che il presidente del Consiglio scenderà a più miti consigli abbassando i toni. Altro che favorire i populisti, è la linea, l’Italia, chiedendo una correzione di rotta, vuole proprio impedire ai vari Le Pen, in crescita in molti paesi, di indicare nell’Ue la causa di tutti i mali, dalla disoccupazione all’immigrazione.
“Non accettiamo lezioni da nessuno”, è il mantra del leader dem, che per dimostrare come l’Italia finalmente sia diventata credibile sulle riforme, mercoledì sera metterà sul piatto del Consiglio dei ministri i primi 10 decreti della riforma della Pubblica Amministrazione con alcune novità già annunciate, come le misure per i “fannulloni”, e altre tenute ancora segrete.
In parallelo, però, Renzi ha deciso di cambiare il volto della rappresentanza italiana a Bruxelles. Dopo aver provato inutilmente a convincere l‘ambasciatore a Mosca Cesare Ragagliani, il premier ha sparigliato le carte scegliendo Calenda, un manager con un passato in varie aziende, a cominciare dalla Ferrari, lontanissimo da atteggiamenti e riti dei diplomatici.
Nominato da Enrico Letta, Calenda è riuscito a restare al suo posto con l’arrivo di Renzi e a stringere un rapporto di grande stima con il presidente del Consiglio. Negli ultimi due anni, il viceministro ha girato il mondo, spesso anticipando le missioni del premier, per allargare l’export italiano. Un inedito per Bruxelles dove, per tradizione, sono sempre mandati alla rappresentanza diplomatici con capacità di mediazione. Ma anche da qui passa per il leader dem la determinazione a cambiare l’Europa.
(Nel video, l’affondo del presidente del Ppe, Manfred Weber, al presidente del Consiglio Matteo Renzi)