Ue, una poltrona per 2: D’Alema e Tajani candidati per un posto da vicepresidente

Pubblicato il 2 Novembre 2009 - 08:52 OLTRE 6 MESI FA

Un posto da vicepresidente della Commissione europea, due potenziali candidati: Massimo D’Alema e Antonio Tajani. Questo il nodo che l’Italia dovrà sciogliere a Bruxelles in tempi assai stretti. Una situazione venutasi a creare dopo l’emergere della candidatura di D’Alema per la carica di “Mr Pesc”, il “potenziato” alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza, figura creata dal Trattato di Lisbona.

Il problema è tanto semplice quanto delicato. Mentre l’altra carica che deve essere assegnata in base a Lisbona, quella di presidente permanente Ue, è in quota alla struttura del Consiglio europeo, quella di ministro degli Esteri rientra tra i posti a disposizione nella Commissione europea, poiché “Mr Pesc” sarà anche vicepresidente dell’esecutivo comunitario.

Ma il numero dei commissari è stato fissato in 27, cioé uno per ogni Paese. Una cifra che non è immaginabile possa essere modificata per ragioni che hanno profonde radici istituzionali e politiche. Fino a giovedì scorso, il governo aveva confermato in almeno due occasioni la ricandidatura di Antonio Tajani – subentrato nel giugno 2008 a Franco Frattini nell’incarico di vicepresidente, ma con il portafoglio dei Trasporti anziché quello della Giustizia – per il posto spettante all’Italia nella Commissione. Ma prima la nota di Palazzo Chigi di venerdì e poi le dichiarazioni odierne di Frattini hanno riaperto i giochi.

Parlando della questione da Abu Dhabi, il titolare della Farnesina ha osservato che “si tratta di valutare quale sia l’interesse nazionale prevalente”. E riferendosi alla possibilità di una candidatura di D’Alema a “Mr Pesc”, Frattini ha aggiunto: “Se per un incarico di così alto prestigio fosse indicato un italiano, Berlusconi ha già detto, e io confermo, che noi sosterremmo questa candidatura”.

Tra gli addetti ai lavori si sottolinea che il sostegno alla riconferma di Tajani sarà lasciato cadere definitivamente solo una volta acquisita la certezza di una vittoria della candidatura D’Alema per un incarico che viene considerato dai più di maggiore prestigio politico. I tempi per decidere sono comunque molto stretti. Il presidente della Commissione Ue, José Manuel Barroso, vuole arrivare a completare la sua squadra il più presto possibile. E dopo la brutta esperienza vissuta nel 2004 – quando la bocciatura, da parte dell’Europarlamento, di Rocco Buttiglione (allora candidato al posto di commissario europeo) stava quasi per costargli il posto – guarda con ansia alle diatribe interne italiane.

Intanto, con l’obiettivo di liberare la poltrona del Foreign Office da un “blairiano di ferro”, il premier inglese Gordon Brown sta appoggiando con discrezione la candidatura di David Miliband alla carica di Alto rappresentante Ue per la politica Estera e di sicurezza: il nuovo ministro degli Esteri europeo previsto dal Trattato di Lisbona.

E’ quanto scrive il Sunday Times secondo il quale la scelta di Miliband consentirebbe al premier di scegliere uno dei suoi protetti, Ed Miliband (il fratello minore di David, ministro per l’Ambiente) o Ed Balls, per la leadership del partito per le prossime elezioni del 2010.

Secondo l’edizione domenicale del Times l’altra novità è che malgrado il continuo schermirsi di Miliband, che ostenta di non essere interessato all’incarico, il titolare del Foreign Office avrebbe avuto in realtà dei contatti con alcuni esponenti del Parlamento europeo. La questione viene trattata con riservatezza per non urtare la suscettibilità di Tony Blair, candidato alla presidenza europea e ufficialmente prima scelta di Londra per una carica istituzionale in seno all’Ue: le prospettive di successo dell’ex premier tuttavia appaiono scarse dopo che sia la Germania che la Francia gli hanno negato il proprio appoggio; dalla parte di Miliband invece è l’ottimo rapporto con l’amministrazione Obama.