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Vertice Ue: accordo lontano. Ritardo di 6 ore. Schultz: “Rischio fiscal cliff”

di Emiliano Condò |9 Giugno 2022 9:21

BRUXELLES – Non c’è l’accordo, non c’è la bozza comune su cui lavorare, non c’è la puntualità. C’è un ritardo nell’inizio dei lavori (quasi sei ore) che è segnale chiaro di cosa stia succedendo. C’è, un presidente del Parlamento, Martin Schultz che racconta di un “fiscal cliff” che minaccia l’Europa.  C’è, soprattutto una Ue a 27 che su bilanci e spese non riesce proprio neppure a immaginare un accordo.

Comincia male e con quasi sei ore di ritardo il vertice chiamato a definire la spesa dell’Europa dei prossimi sette anni: i leader hanno bisogno di consultarsi in numerosi bilaterali per definire strategie e possibili alleanze e il presidente Ue Herman Van Rompuy ha bisogno di rivedere continuamente la sua proposta di bilancio 2014-2020. E alla fine decide di non presentarla nemmeno per mancanza di consenso sufficiente.

Le posizioni sono distanti, le cifre circolate non piacciono a molti, nessuno da’ per scontato un accordo e su tutto incombe anche l’incognita del Parlamento europeo che rischia di far saltare tutto se il Consiglio non accoglierà la sua richiesta di revisione nel 2017. Il motivo è politico: nel 2014 ci sono le elezioni europee e l’eurocamera non vuole ipotecare oggi tutto il futuro della prossima Assemblea. L’Italia arriva a Bruxelles promettendo battaglia.

Due le linee invalicabili per Mario Monti: crescita ed equità, ovvero difesa ad oltranza della spesa destinata a innovazione, infrastrutture, occupazione, e revisione dei famosi ‘sconti’ di cui godono Gran Bretagna, Germania, Svezia e Olanda. Inoltre, un bilancio equo prevede anche che l’Italia migliori il suo ‘saldo passivo’, cioe’ non vuole spendere piu’ di altri senza avere nulla in cambio. Per questo Monti si e’ consultato intensamente prima dell’avvio dei lavori con il francese Francois Hollande, lo spagnolo Mariano Rajoy, che sono tra coloro che piu’ possono fargli sponda nella partita contro i rigoristi del Nord, beneficiari degli sconti.

La Francia inoltre è molto sensibile anche alla battaglia sui fondi all’agricoltura, che vuole difendere sopra ogni cosa. Le cifre che circolano, che sarebbero alla base dei negoziati, sarebbero di circa 900 miliardi di euro per la spesa effettiva e 960 miliardi per gli impegni di spesa. Falcidiata la proposta di novembre di Van Rompuy, quando presento’ ai leader dei 27 una proposta di 1008 miliardi di euro, che fu alla base del fallimento del vertice. Le piu’ colpite sono le reti infrastrutturali, dimezzate da 40 miliardi a meno di 20 miliardi. Poche le risorse per l’occupazione giovanile, sui 5-6 miliardi.

Per questo Van Rompuy e Barroso hanno preparato un ‘piano b’, cioe’ un programma anti-disoccupazione giovanile, presentato in serata, per far rientrare dalle retrovie i fondi che verranno eventualmente decurtati in quel settore. I britannici vogliono comunque un tetto complessivo piu’ basso: ”L’austerita’ si deve applicare anche all’Europa e se non scende il tetto di spesa della proposta di novembre, niente accordo”, ha detto David Cameron entrando al Consiglio. La Germania sembra piu’ morbida, disponibile ad un compromesso, ma nessuno vuole un accordo a tutti i costi. ”Non sono d’accordo per un compromesso a tutti i costi se a rimetterci sono agricoltura e crescita”, ha detto Hollande.

La Germania sembra dunque ancora una volta l’ago della bilancia, perché a differenza di novembre scorso, quando fece asse con Londra, stavolta non e’ piu’ cosi’ ‘alleato di ferro’ dei britannici. Oltre agli schieramenti Nord-Sud, ci sono poi gli ‘amici della coesione’, cioe’ quei Paesi, come Polonia e Repubblica Ceca, che beneficiano maggiormente dei fondi per la politica regionale, che con i nuovi tagli potrebbero subire quantomeno variazioni nella distribuzione. E il negoziato dovra’ quindi tenere conto anche della minaccia di veto della Repubblica Ceca.

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