ROMA – 21 dicembre 2012. Non sarà, ragionevolmente, la fine del mondo ma, più modestamente, l’atto finale del governo tecnico di Monti. Il giorno, cioè, dell’approvazione della legge di stabilità, il giorno in cui il professore scoprirà le sue di carte sulle quali ormai ci si esercita a riconoscerne i segni premonitori nemmeno fosse una profezia Maya. Con il rompete le righe anticipato imposto dalla smania di ritorno di Berlusconi, Monti scioglierà la riserva sul suo futuro, anche se fino ad ora ha esibito il suo solito low profile da vecchio saggio in loden (“non capisco tutto questo interesse sul futuro di una persona ormai anziana”).
Rimane in qualità di notaio per sbrigare gli affari correnti, cioè spicciare le ultime faccende e spegnere la luce sulla XVI legislatura? Appoggerà invece una lista centrista ispirata alla sua agenda ma non intitolata al suo nome (se non si esprime quelli della lista non possono, come devono, scrivere Monti premier)? Oppure, per senso patrio o elementare ambizione politica, per calcolo (i conti, il debito) o per un sussulto tardivo, si rivolgerà direttamente agli italiani per spiegare che sì, davvero, lui è l’unica soluzione per non buttare nel secchio tutti i sacrifici fatti?
Nell’attesa i grandi partiti lo temono, lo tengono d’occhio mentre ne lodano l’operato sperando che tolga il disturbo. Berlusconi si è scelto un nemico più forte per poter meglio fare la vittima, in questo caso Angela Merkel e nientemeno che la Germania. Bersani gli consiglia di non buttarsi nella mischia per preservarne reputazione e allure (e intanto non gli scombina i piani: Massimo D’Alema non lesina battute sulla durata del governo provvisorio di transizione( “Ha governato più a lungo di Badoglio”) e sul fantasma del programma già scritto (“Dove si compra l’agenda Monti?“).
Monti, invece, trascorrerà questi giorni in tour, quello delle conferenze (potenzialmente un’attività futura dalle grandi soddisfazioni remunerative, chiedere al leader Spd Peer Steinbruck), ma intanto, rivela Fabio Martini su La Stampa, ha fatto il punto con il collega Roberto D’Alimonte sull’analisi dei flussi elettorali. Il maggior esperto di voto e sistemi elettorali gli ha assicurato che può arrivare anche al 15% e che comunque la soglia di sbarramento la supererebbe in agilità in tutte le regioni (importante per avere una pattuglia degna di questo nome al Senato). Per non saper né legge né scrivere, Monti ha visto anche Alemanno e Fioroni, due vecchie volpi dei sistemi elettorali applicati.