Gli agricoltori: “A noi l’Imu no”. Buone e cattive ragioni

Pubblicato il 6 Marzo 2012 - 10:41 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Il passaggio dalla vecchia Ici alla nuova Imu agli agricoltori comporta un aggravio di 4/5 volte. Questo dicono gli agricoltori che presto, se non ottenessero segnali dal governo, potrebbero passare dalla discussione e dai tavoli tecnici alla protesta di piazza. Confagricoltura ha calcolato che l’imposta municipale unica peserà tra 1,3 e 1,5 miliardi di euro sulle imprese agricole, più un aggravio una tantum tra i due e i tre miliardi per accatastare i fabbricati rurali che fino a oggi erano inglobati nei terreni. L’associazione arriva a una conclusione: mentre l’incidenza dell’Imu sul Pil è dell’1,3% (21,8 miliardi su 1.600), il peso dell’Imu sul valore aggiunto agricolo sale al 5% (1,4 miliardi di imposta su 28 miliardi).

Ma cosa cambierà per gli agricoltori? Fino a oggi infatti esisteva l’Ici sui terreni. Ora invece non solo l’Imu ha avuta una rivalutazione che ha raddoppiato il livello della tassa ma la nuova imposta riguarderà anche i fabbricati rurali non ad uso abitativo, come ad esempio le stalle o i depositi per macchine e attrezzi. Mario Guidi, presidente di Confagricoltura, dice: “E’ come essere tassati due volte visto che i terreni già inglobano il valore die fabbricati. Ma è una tassazione troppo pesante per il mondo dell’agricoltura”.

La norma del governo è stata studiata per rendere le regole dell’Imu rurale simili a quelle dell’Imu generale in modo da conteggiare anche quei fabbricati che nei terreni vengono usati per strumenti e animali. Per le abitazioni la rendita catastale, rivalutata del 5%, viene moltiplicata per 160 e in più si applicano le aliquote del 4 per mille per la casa principale e del 7,6 per mille negli altri casi.  Per quanto riguarda i fabbricati agricoli non ad uso abitativo, alla rendita rivalutata del 5% si applica il moltiplicatore 60 (65 dal 1° gennaio 2013) e l’aliquota del 2 per mille che il Comune può abbassare all’uno per mille.