ROMA – “Adieu Repubblica, per qualche anno è stato anche bello frequentarci ma oggi, francamente, le donne di facili costumi non sono di mio interesse”. Così Alessandro Di Battista, deputato del Movimento 5 stelle, se la prende con il quotidiano Repubblica e, in particolare modo con la versione online, Repubblica.it, che, a suo dire, ha la “stessa linea” di Libero Quotidiano.
Di Battista spiega il motivo con un post sul suo profilo Facebook: “Nella trasmissione radiofonica ‘Un giorno da pecora’ in un sano momento di ‘cazzeggio’ ho detto, scherzando, che Casaleggio comanda Beppe, era un modo per ‘depotenziare’ una domanda che mirava (giustamente, i conduttori fanno il mestiere loro) a cercare una notizia. Ho sbagliato a rispondere in quel modo, sbagliamo tutti, tutta esperienza! Dovrei sapere ormai che prendono una battuta, la decontestualizzano e la trasformano in una notizia”.
“Peccato, però a perderci non sono io ma il giornalismo – sottolinea il parlamentare 5 stelle -, il mestiere più bello del mondo. Per fortuna oggi c’è la rete e tutti domani possono ascoltare la trasmissione e valutare il pezzo uscito su Repubblica. Ma amen, si va avanti, anche i tradimenti delle prime fidanzate (questo ha rappresentato per me Repubblica) si superano. Si volta pagina, certo si fa fatica a prendere atto che il Pd sia uguale al Pdl o che la linea editoriale di Repubblica (ancor di piu’ Repubblica.it, lo dicono gli stessi giornalisti di Repubblica cartacea) sia la stessa di Libero. Identica. Linee editoriali pro-potentati, pro-oligarchie, contro qualsiasi forma di cambiamento. E’ triste prenderne atto ma è una necessità. Oggi con Repubblica ci si possono incartare gli sgombri, ci si puo’ accendere il fuoco, si puo’ prenderne una pagina, piegarla e metterla sotto una zampa per far si il tavolo non traballi più”.
Infine Di Battista conclude: “Sono cresciuto leggendo Repubblica, la compravo tutte le mattine ai tempi dell’Università, ho creduto nella sua indipendenza, nel suo essere un giornale contro il Condannato Berlusconi. Mi sono innamorato di alcune sue penne, il primo Zucconi (oggi sembra il lontano parente di quel giornalista, è diventato un maggiordomo del potere senza un briciolo di onestà intellettuale), Gianni Mura, Michele Serra. Alcune penne straordinarie ancora ci scrivono e Dio solo sa come riescano a farlo. Credevo in Repubblica anche quando tornai, nel 2012, da un lungo viaggio in America Latina. Avevo con me tanto materiale, gli mandai un reportage sulle violazioni dei diritti indigeni compiuti da Enel Green Power in Guatemala, nella zona Ixil. Neppure mi hanno risposto. Forse perché Enel ne è uno sponsor. Oggi l’ennesima delusione”.
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