ROMA – “Silvio Berlusconi è pronto a non ricandidarsi” per unire il centrodestra. Ovvero per far tornare l’Udc all’ovile dell’ex alleanza che vinse le elezioni del 1994, del 2001 e del 2008. Lo annuncia il segretario del Pdl Angelino Alfano e lo fa – immaginiamo – non di sua iniziativa. La notizia registra subito due reazioni, una positiva (Gianni Alemanno), una negativa (Daniela Santanché). Ma la reazione più attesa, quella invocata direttamente da Alfano, doveva venire da Pier Ferdinando Casini. Che però – anni di Dc non sono passati invano – ha capito il gioco e ribalta la partita: non è l’Udc che deve unirsi al Pdl, ma il Pdl che deve seguire l’Udc. Lo scetticismo di Casini:
“Mi auguro che i fatti dimostrino che quel che ha detto Alfano sia vero […] ma gli italiani sono abituati alle giravolte di Berlusconi. Accettare le sfide è doveroso ma non cedere agli inganni lo è altrettanto”.
Così aveva parlato Alfano:
“Per unire il centrodestra Silvio Berlusconi è pronto a non ricandidarsi. Per non consegnare l’Italia alla sinistra occorre un gesto di visione e generosità degli altri protagonisti del centrodestra”. Quindi l’appello al leader dell’Udc: “Se Berlusconi non si ricandida, tu Casini sei chiamato a fare una scelta: hai il dovere di unire l’area dei moderati alternativa alla sinistra. Bisogna riconoscere che in Italia dal 1948 in poi c’è sempre stato un bipolarismo sostanziale tra l’area della sinistra e un’area moderata alternativa alla sinistra”.
Va bene, i poli si sono “sciolti”, vanno ricostituiti. Ma su quali basi? Il Pdl? Il partito è in stato di liquefazione. L’unica persona che lo tiene insieme è Berlusconi. È anche l’unico leader – secondo i sondaggi – che se si candidasse, alla guida più del partito che del governo, potrebbe portare il Pdl al 20%. Berlusconi, però, non vuole né può candidarsi, è chiaro da tempo. Quindi il suo ritiro dalle prime file della politica non è “vendibile”, perché è scontato. E ai saldi del centrodestra Casini sa di potersi prendere tutto a prezzi di liquidazione.