Alfano e Maroni all’unisono: “O Berlusconi o elezioni. No a governi tecnici”

Pubblicato il 15 Agosto 2010 - 13:06 OLTRE 6 MESI FA

Roberto Maroni

Due ministri, Maroni e Alfano, una sola tesi: “Se Berlusconi cade non c’è alternativa al voto”. Lo hanno insieme, in una conferenza stampa congiunta dove si parlava di lotta alla criminalità, e lo hanno detto ciascuno con il suo stile.

Poco politichese e ammiccante al parlare comune Maroni: ”Non siamo disponibili a giochi di palazzo, a ribaltoni, che tolgano al popolo sovrano il diritti di scegliere da chi vuole essere governato” .”Se la maggioranza viene meno – ha sottolineato Maroni ribadendo la posizione sostenuta più volte dalla Lega – non c’é altro rimedio che le elezioni, che si possono fare in qualunque momento dell’anno”.

Più tecnico e giuridico il ministro Alfano, che, invece,  ha evocato l’articolo 1 della Costituzione per sottolineare il suo ‘no’ ad ogni ipotesi di governo tecnico. O meglio ne ha evocato la prima parte, quella più suggestiva, che tutti ricordano e congeniale al suo discorso. Dimenticando (volutamente?) la seconda parte dell’articolo, quella sulle forme e i  limiti della sovranità.

‘Qualsiasi ipotesi secondo cui chi ha vinto le elezione fa l’opposizione e chi le ha perse fa il governo viola l’articolo uno della Costituzione”: ha esordito Alfano che  ha poi definito una ”bussola molto chiara” l’articolo 1 della Costituzione secondo cui ”la sovranita’ appartiene al popolo”.

”E’ il popolo sovrano che sceglie chi mandare al governo”: ogni progetto di governo diverso ”e’ in piena violazione dell’articolo 1 della Costituzione”, ha concluso.

C’è un dettaglio: l’articolo 1 prevede che il popolo esercita la sovranità “nei limiti previsti dalla Costituzione”. Quali? Quelli spiegati nel resto della Carta, dove si dice a chiare lettere che a sciogliere le Camere non è il guardasigilli ma il presidente della Repubblica. Alfano, visto il ruolo, dovrebbe ricordarlo. Che sia giusto o meno, in caso di crisi, Napolitano ha il diritto di affidare ad altri l’incarico di formare un nuovo Governo e non c’è nome sulla scheda elettorale che tenga, almeno fino a futura riforma.  Può non piacere, ma non è una violazione della Costuzione. E’ la Costituzione.