Andreotti, minuto di silenzio. Umberto Ambrosoli se ne va

Pubblicato il 7 Maggio 2013 - 11:40| Aggiornato il 16 Marzo 2023 OLTRE 6 MESI FA

MILANO – “Giorgio Ambrosoli? Se l’andava cercando”: la versione della morte del liquidatore della Banca Privata Italiana di Michele Sindona, assassinato nel 1979, è di Giulio Andreotti. Il senatore a vita, morto ieri a 94 anni, lo disse durante una puntata de “La Storia Siamo Noi” di Giovanni Minoli. Una frase che non è mai andata giù al figlio dell’avvocato, Umberto Ambrosoli, coordinatore dell’opposizione in Consiglio Regionale, che proprio per questo non se l’è sentita di partecipare al minuto di silenzio in Consiglio Regionale.

Umberto Ambrosoli è rimasto fuori mentre, martedì mattina, il presidente dell’Aula, Raffaele Cattaneo (Pdl), leggeva un lungo ricordo dell’attività politica di Andreotti. “Con la sua scomparsa se ne va un pezzo di storia italiana che appartiene a tutti, amici e avversari politici”, ha detto in un passaggio Cattaneo.

I consiglieri hanno poi osservato un minuto di silenzio, tutti in piedi. Tra loro non c’era Umberto Ambrosoli, figlio dell'”eroe borghese Giorgio“, ucciso nel 1979. Dal suo staff hanno fatto sapere che, pur non volendo sollevare polemiche o rilasciare dichiarazioni, e nel rispetto dovuto a una persona che scompare, il coordinatore del centrosinistra in Consiglio Regionale ha preferito non unirsi al minuto di silenzio.  “Quella frase, ha spiegato poi Umberto Ambrosoli ai giornalisti, racchiude un’idea di responsabilità istituzionale che non condivido“.

Ambrosoli ha usato parole pacate ma ha voluto evidenziare la sua scelta. ”E’ comprensibile che in occasione della morte di persone che hanno ricoperto ruoli istituzionali di primo piano le istituzioni le commemorino. Ma le istituzioni sono fatte di persone, ed e’ legittimo che queste facciano i conti con il significato delle storie personali”.

Il figlio dell’eroe borghese, come venne definito in un libro di Corrado Stajano, non è entrato nei dettagli della vicenda che ha coinvolto la sua famiglia né nei rapporti che vari procedimenti giudiziari hanno rintracciato fra Andreotti e Sindona (quest’ultimo condannato come mandante dell’assassinio), e senza citare quella definizione data dallo statista Dc a proposito del padre, uno ”che in termini romaneschi se le andava cercando”. Ma ai giornalisti ha ribadito che ”ci sono lati oscuri della vita di Andreotti verso i quali ciascuno ha la sua sensibilità” al di là del rispetto per una persona deceduta: ”Questi elementi continuano anche nel momento del ricordo, pur senza polemiche”.