ROMA – Si chiama Antonio Gentile, è di Nuovo Centrodestra, è un senatore e il suo nome come sottosegretario alle infrastrutture è la prima seria grana per Matteo Renzi e il suo governo. Perché Gentile, detto Tonino, è al centro di un caso giudiziario: è sostanzialmente accusato di aver impedito l’uscita di un giornale e ora a chiedere il suo passo indietro è non solo l’opposizione (Lega Nord e M5s su tutti) ma anche una buona parte della minoranza Pd.
Sul nome di Gentile resiste Nuovo Centrodestra. A esporsi è soprattutto Fabrizio Cicchitto. Ma Renzi, nel breve, è chiamato ad una scelta: per ora attende che a risolvere la situazione sia Angelino Alfano ma è tutt’altro che escluso il suo intervento diretto.
Tutto inizia con la mancata uscita di un quotidiano locale, L’Ora della Calabria. Quel giorno, causa ufficiale, improvviso guasto alle rotative, il quotidiano non arriva in edicola. Ma qualcosa non torna. Perché il giorno della mancata uscita il direttore del giornale scrive un editoriale online in cui racconta la sua verità: il giornale non sarebbe uscito per pressioni dell’editore perché conteneva la notizia di una indagine a carico del figlio del senatore Gentile.
Pressioni, quindi. Che il senatore smentisce rifugiandosi dietro l’espressione “macchina del fango” e minacciando querele a raffica. I giornalisti dell’Ora, però, tengono il punto e diffondono online una telefonata tra lo stampatore del quotidiano (quello del guasto alle rotative) e l’editore. E nella telefonata la preoccupazione principale dello stampatore è “non inimicarsi la famiglia Gentile”. Tutto per evitare una reazione da “cinghiale ferito che ammazza”.
Il senatore respinge tutte le accuse e in sua difesa arrivano le parole di Renato Schifani e Alfano. Caso chiuso? Assolutamente no. Perché su Gentile arrivano le parole durissime di tutti gli schieramenti politici. Inizia Matteo Salvini della Lega Nord:
Se questo è il nuovo che avanza, allora è un disastro. La Lega Nord è pronta a sfiduciare tutti gli indagati che Renzi ha messo al governo
Ancora più risoluto M5s che già pensa alla mozione di sfiducia. Per il Pd a parlare è Rosy Bindi che, intervistata da Sky Tg24 spiega:
“Non è accettabile venir meno ad un principio di etica pubblica. Qualunque dubbio e ombra deve essere fugata quando un Parlamento si presenta all’insegna del cambiamento. Chi non può essere presentato alle elezioni non si capisce perché debba stare nel retrobottega di un governo. Si deve applicare il principio delle regole che valgono per tutti”.
A questo punto la palla passa ad Alfano e, in caso di mancata decisione, a Renzi.