ROMA, 1 NOV – Per il futuro il Procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia – che ha sollevato polemiche per il suo intervento al congresso del Pdci nel quale ha detto di essere partigiano della Costituzione – non esclude la sua discesa nel campo della politica ma, per ora, afferma – rispondendo ai microfoni di Radio 21 – che non ci sono le condizioni per questo tipo di impegno da parte sua.
"Mai in politica? – ha commentato Ingroia -. Mai è un impegno che non viene chiesto a nessun cittadino italiano, per cui non può essere chiesto neanche a un magistrato. Però al momento non ne vedo le condizioni. In linea di principio i magistrati non possono essere espropriati del diritto di elettorato attivo o passivo. Però ci sono profili di opportunità: non è opportuno che un magistrato si candidi in un luogo dove ha esercitato le funzioni fino a poco tempo prima. Inoltre c'è il tema del rientro in magistratura dopo l'esperienza politica e qui c'è un dibattito in corso: c'è chi si dimette totalmente come ha fatto il ministro Palma, ma lo ha fatto dopo che è stato nominato ministro alla Giustizia, oppure c'è chi si impegna a non tornare in ruoli e in funzioni calde, come ha fatto Giuseppe Ayala". Per quanto riguarda il suo contestato intervento all'assise del partito di Oliviero Diliberto, Ingroia spiega di aver solo detto "una cosa ovvia ma ho visto che si manipolano le mie dichiarazioni, come sul Giornale dove un titolo ieri diceva 'Ingroia confessa di essere comunista'. Io non mi sono dichiarato partigiano comunista ma partigiano della Costituzione". Ma c'era davvero bisogno di dire una cosa così ovvia? "Non si può non vedere che è in atto una chiara manovra di assedio nei confronti di alcuni principi costituzionali – ha risposto Ingroia -. Basti pensare alle leggi ad personam, alla legge sulle intercettazioni, tutte leggi che puntano a restringere i margini di autonomia e indipendenza della magistratura e intaccare il principio costituzionale di uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. Io rivendico solo il diritto di partecipare al dibattito politico sui progetti di legge. Avrà diritto la magistratura a dire la propria? Poi il Parlamento è sovrano e se approva queste leggi, io magistrato non posso far altro che applicarle". Quanto alla definizione di 'toga rossa', Ingroia ha detto di ritenerlo un giudizio di appartenenza politica e come tale un insulto per chi, essendo un magistrato, deve essere indipendente.
Ingroia poi ha ribadito che non smetterà di intervenire a convegni, anche politici, se chiamato a parlare di temi della giustizia: "Andrei anche se mi invitano quelli del Pdl. Non è mai accaduto. Non credo abbiano molta voglia di ascoltare il punto di vista di alcuni magistrati, l'unica condizione che pongo è non venir messo in contraddittorio con miei indagati o imputati, cosa che può accadere in platee politiche".