La sera andavamo ad Arcore, a fare “bunga-bunga”? Storia di Berlusconi e Ruby

Ruby-Karima

La sera andavamo ad Arcore, a fare bunga-bunga…Cominciamo dalla barzelletta, canone e modulo quasi ufficiale della comunicazione di corte e di cortile. E’ una barzelletta che ai tempi raccontava Noemi Letizia. La raccontava ai giornalisti e diceva che le era stata a sua volta raccontata da Silvio Berlusconi, ai tempi in cui si parlavano direttamente. “Due ministri del governo Prodi vanno in Africa, vengono catturati da una tribù di indigeni. Il capo tribù chiede a uno dei due: vuoi morire o bunga-bunga? Quello sceglie: bunga-bunga. E viene violentato. Il secondo ministro prigioniero allora grida: voglio morire! Il capo tribù acconsente: allora prima bunga-bunga, poi morire”. La fonte non è delle più autorevoli, ma attesta che di bunga-bunga si parlava e scherzava già ai tempi e spiega inoltre di cosa  si trattava quando si giocava con l’espressione bunga-bunga. Stabilito che il bunga-bunga, reale o recitato, allusivo o praticato, non era un girotondo, facciamo un salto di diversi mesi. Racconta “La Repubblica” che: “le indagini hanno accertato che giovani donne ospiti di Villa San Martino usano nei loro colloqui l’espressione bunga-bunga”. La barzelletta è un fatto, quella riportata da “La Repubblica” è un’indiscrezione per ora senza riscontro. Fatto e indiscrezione coincidono, forse è una coincidenza e forse è una conferma.

Racconta “La Repubblica” che il 27 maggio di quest’anno Ruby R, ragazza marocchina, è nei locali della Questura di Milano. La stanno identificando, in Questura ci è arrivata portata dagli agenti  della volante Monforte intervenuti a sedare una quasi rissa a Corso Buenos Aires tra la stessa Ruby e Caterina P. Caterina dice di aver ospitato per una notte Ruby a casa sua, di essere uscita al mattino mentre Ruby ancora dormiva e, al ritorno, di non aver ritrovato nè Ruby nè tremila euro e nemmeno qualche gioiello che prima c’era. Caterina e Ruby si sono poi incontrate per caso quel giorno per strada, di qui il litigio e l’arrivo della polizia. Fin qui ordinaria amministrazione in una nottata in Questura. E’ circa mezzanotte e gli agenti stanno banalmente lavorando su caso banale. Quando d’improvviso tutto diventa meno banale, la Questura si anima. Una funzionaria spiega sbrigativamente agli agenti che Ruby va rilasciata, subito e senza insistere sul caso. Perchè? Perchè è arrivata una telefonata da Roma, da Palazzo Chigi. Il messaggio arrivato da Palazzo Chigi e rimbalzato di capo gabinetto in capo gabinetto fino alla Questura di Milano è che Ruby è “la nipote di Mubarak”. Quindi va messa fuori, libera, indisturbata e in fretta.

Quello de “La Repubblica” è un racconto giornalistico, per ora suffragato da nulla se non dalle informazioni che “La Repubblica” sostiene di avere, informazioni che, se veritiere, non possono che arrivare dalla stessa Questura di Milano, ovviamente in forma non ufficiale. Ad un tentativo di domanda al riguardo, a un tentativo di chiedere se davvero Palazzo Chigi abbia segnalato di trattare in guanti bianchi l’inventata “nipote di Mubarak” (ovviamente Ruby non è la nipote del premier egiziano), il giorno stesso della pubblicazione dell’articolo Berlusconi in conferenza stampa ad Acerra risponde: “Sono una persona di cuore, mi occupo dei problemi delle persone. Sono qui per occuparmi della spazzatura vera, di quella mediatica occupatevi voi. E niente contraddittorio, facciamo come da Santoro”. E’ una smentita o una conferma? Ciascuno giudichi, sul metro indiscutibile delle parole del premier: “Mi occupo dei problemi delle persone”.

“La Repubblica” racconta, il “Corriere della Sera” documenta: all’uscita dagli uffici della Questura, qualunque sia il motivo per cui Ruby è uscita, la ragazza marocchina trova ad attenderla Nicole Minetti. Nicole è l’igienista dentale di Berlusconi, eletta nelle liste del Pdl alle elezioni regionali della Lombardia. A suo tempo era stato notorio e pacifico che a volerla in lista era stato lo stesso Berlusconi, in lista e in un posto sicuro nel “listino” del candidato governatore Formigoni che non aveva tanto gradito ma alla fine aveva acconsentito. Ruby, la “nipote di Mubarak” viene ufficialmente affidata alla Minetti. Qualche giorno dopo entra in scena la figlia di Lele Mora che chiede al Tribunale che Ruby sia affidata a lei. La richiesta è “patrocinata” dall’avvocato Luca Giuliante, medmbro della segreteria regionale del Pdl, tesoriere del partito milanese, ex consigliere provinciale di Forza Italia. Dunque sono fatti attestati e documentati che Ruby conosce e gode dell’assistenza di esponenti del Pdl. Che per lei si muovono e si attivano. In qualche modo e in qualche luogo deve averli conosciuti o almeno in qualche modo e in qualche luogo Ruby deve essere stata loro segnalata.

Dove e come può essere avvenuto il contatto? Dice Emilio Fede, direttore del Tg4, lo dice all’agenzia Ansa e non in un mormorio casuale: “Forse l’ho vista a qualche cena a casa Berlusconi, ma non l’ho presentata io nè a Lele Mora nè al presidente del Consiglio”. Poi Fede ricorda ancora meglio: “Due cene, credevo avesse 25 anni”. Ruby 25 anni non li aveva, era minorenne. Fede sente il bisogno di precisare: “Cene normalissime”. Che c’entra Fede e che c’entra Lele Mora? C’entrano perchè sono indagati, indagati e non ancora accusati, tanto meno colpevoli di favoreggiamento della prostituzione. In momenti e modalità diverse entrambi avrebbero “favorito” il trasferimento di Ruby da Messina e Milano e l’introduzione della ragazza nel giro delle ragazze da festa. Nulla di confermato, ogni scetticismo è lecito. Però è un fatto che Lele Mora per Ruby si attiva e che Emilio Fede se la ricorda a “due normalissime cene a casa Berlusconi”. Ed è un fatto che il Pdl milanese si muove a soccorrere ed assistere Ruby quando è in Questura accusata di furto.

In successivi interrogatori Ruby racconta confusamente storie confuse. Su una cosa però è precisa e netta: nessun rapporto sessuale con Berlusconi. Racconta anche di regali, in denaro ed oggetti, ricevuti dal premier. E racconta che spesso le serate finivano con il “bunga-bunga”. Questi i fatti, senza un grammo di interpretazioni od ipotesi.

Riepiloghiamo: una ragazza senza arte nè parte, dalla vita confusa e discutibile, finisce nei guai in Questura. La soccorrono, se proprio non la tirano fuori, uomini e donne del Pdl milanese. Emilio Fede se la ricorda a cena da Berlusconi. Berlusconi dice che lui “è uomo di cuore che soccorre le persone”. La ragazza usa l’espressione “bunga-bunga”, curiosamente la stessa in circolazione in barzellette e nell’ambiente. La ragazza esclude di aver fatto sesso con il premier, la ragazza racconta che dopo quelle cene ad Arcore sesso si faceva.

Riepilogo del riepilogo: è altamente probabile, di fatto ammesso dai protagonisti, che i cancelli di Arcore possano essere varcati da ragazze come Ruby. E’ di fatto documentato che di ragazze come Ruby esponenti del Pdl si occupano e si preoccupano. Nessuna indagine c’è a carico del premier. Forse una ragazza come Ruby ci ha provato a mettere all’incasso la partecipazione a quelle cene, a farla fruttare. Forse il premier è vittima della sua leggerezza e prodigalità negli inviti e nell’accoglienza a casa sua. A casa sua ognuno fa, se vuole, il bunga-bunga che gli pare. Non è reato, non è vietato e sono affari suoi e dei suoi ospiti. Nulla conferma ma ben poco esclude che a casa del presidente del consiglio del governo italiano forse talvolta si faccia il bunga-bunga. Che non è un girotondo.

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