Monti non nomina l’art.18 ma il “Cresci-Italia” parte proprio da lì

ROMA – Non ci sara un’altra manovra, si è sentito di escludere Mario Monti. Nella conferenza stampa di fine anno, il presidente del Consiglio si è inoltre guardato bene dal citare espressamente l’articolo 18. Però, anche limitandosi alle sole indicazioni della fase “Cresci Italia”, come l’ha nominata, la modifica del mercato del lavoro ci sarà e in breve termine, già a fine gennaio (il 23) in concomitanza con gli appuntamenti dell’Eurogruppo. Al massimo a febbraio. A questo si riferisce quando parla di equità fra lavoratori e lavoratori (stop al dualismo precari e garantiti), di stop alle limitazioni di legge sui licenziamenti, di attenzione alle prestazioni professionali (produttività).

Sarà combinata questa apertura del mercato del lavoro con le liberalizzazioni, anche per compensare le prevedibili resistenze di sindacati e sinistra. Affrontate, però, con disegno complessivo, valido per tutte le categorie, per non dare la sensazione di punirne qualcuna in particolare, come avvenuto per tassisti e farmacisti. Sul capitolo previdenza verranno introdotte misure compensative e di rassicurazione per quelle persone (chi ha perso il lavoro, “esodati”, in mobilità) che per effetto dei nuovi requisiti pensionistici si ritrovano nella terra di nessuno dei senza reddito.

Sorpreso a prescindere per il consenso riservato a un governo tecnico (“parola orribile”) che per definizione, secondo Monti, dovrebbe avere gradimento zero, perché non politico né eletto, confida che i partiti che lo sostengono continueranno a farlo. Una eventuale conferenza stampa di fine anno 2012, sia pur scherzosamente, è stata comunque evocata. Senza scherzare ha recisamente escluso disegni personali per il Quirinale. Nella lunga introduzione prima di rispondere alle domande dei giornalisti, ha rivendicato le misure ispirate a crescita, equità e rigore.

Non esistono fase 1 e fase 2: si tratta solo di diverse concentrazioni di peso del rigore nel consolidamento dei conti pubblici. Nel decreto salva Italia questa era la priorità. Ora l’equità, di accesso alle risorse, del contributo di tutti, dovrà favorire la crescita senza mobilitare risorse limitatissime e senza sforare con i bilanci.

La diminuzione del debito e il raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2013 sarà, per ora, garantito da una ferrea attenzione delle entrate e uscite annuali con il rispetto della riduzione strutturale del 5% dell’avanzo primario: di fondi per vendere patrimonio pubblico non se parla ancora. L’idea è che una gestione virtuosa dei conti avrà un effetto anche sulla percezione dello stock debitorio. Con conseguente innalzamento della fiducia nei nostri titoli.

Con garbo, humor sottile, Monti non ha mancato di marcare la distanza con il predecessore Berlusconi, evitando i toni enfatici per esprimere ottimismo sulla situazione economica: quando il Cavaliere parlava di “bagno di ottimismo”  negando di fatto la crisi, ricorda con una punta di veleno il professore, furono poi necessarie altre 5 manovre, di cui una sola intestata a lui.

A proposito di professore, non è passato inosservato la maniera cattedratica con cui ha voluto parlare di spread, aiutato da un grande grafico alle sue spalle che ne riproduceva l’andamento annuale. E rintuzzare le proteste di chi lo accusa di non aver combinato granché per farlo scendere. A tal proposito, dati alla mano, ha chiarito che lo spread saliva pur in presenza degli acquisti massicci di titoli da parte della Bce, è rimasto costante senza questo intervento. Ergo la sua nomina e la sua manovra hanno influito  di sicuro. Come dire, restiamo nella bufera ma la nave è ben guidata e senza questo nocchiero si sarebbe già schiantata sugli scogli. Stessa considerazione sulla manovra definita recessiva: “E’ vero non è espansiva ma, senza, la recessione sarebbe stata catastrofica”.

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