Né Aspi, né mini-Aspi: un milione di precari esclusi dall’assegno

ROMA – Né Aspi, né mini-Aspi. Un milione di precari verrà escluso dall’assicurazione sociale per l’impiego così come è stata progettata dal ministro Fornero. Co.co.pro, partite Iva, contratti di associazione. Un milione di lavoratori che in realtà sono subordinati a tutti gli effetti. Scrive il Messaggero:

“Secondo l’indagine Isfol circa il 70% dei co.co.pro va tutti i giorni, con un orario determinato, in azienda e lì utilizza strumenti e mezzi dell’impresa perilsuolavoro:perlastragrande maggioranza di questi casi, si tratta, quindi di vero lavoro subordinato, però pagato meno e con meno garanzie. Per evitare usi impropri la riforma introduce disincentivi normativi, acominciaredaunadefinizionepiù stringente di «progetto » e l’introduzione di limitazioni nel caso di mansioni ripetitive. La sanzione è la trasformazione del contratto in subordinato a tempo indeterminato. È vietato l’inserimento di clausole che consentono il recesso prima della fine del progetto, escluse le situazioni di giusta causa e incapacità professionale del collaboratore”.

L’identikit degli esclusi lo ha tracciato Valentina Conte su Repubblica: “Uno su due è sotto i 40 anni e guadagna meno di 10 mila euro lordi l’anno. Quando il lavoro finisce, nessun sostegno. Né Aspi, né mini-Aspi. Zero. Come prima e peggio di prima. L’Assicurazione sociale per l’impiego – l’assegno unico di disoccupazione che dal 2017 sostituirà mobilità e indennità – copre i soli lavoratori dipendenti, sia pubblici che privati, e in più apprendisti e artisti (oggi esclusi da ogni sostegno), che hanno un contratto a termine (determinato, formazione lavoro, part-time, ecc). I requisiti sono stringenti: due anni di anzianità assicurativa e almeno 52 settimane lavorate nel biennio. La mini-Aspi è invece la versione aggiornata dell’attuale assegno “con requisiti ridotti”, riservato ancora una volta ai soli lavoratori subordinati che hanno lavorato poco, almeno 78 giorni in un anno, ora diventato “almeno 13 settimane di contribuzione negli ultimi 12 mesi” con durata massima “pari alla metà delle settimane” lavorate nell’anno, dunque al massimo sei mesi, come ora“.

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